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  • Immagine del redattoreMargherita Pogliani

Buon Senso

“Solo dopo sapremo il senso di questo viaggio. Ma intanto le energie spingevano in questa direzione”. Ero incredula quando qualche settimana fa lessi questo messaggio: Gabriella è un manager, lavora tantissimo, ha una famiglia poliedrica e impegnativa, ma soprattutto era tornata il giorno prima a Boston dopo una lunga vacanza in Europa.

“Non ha senso”, è stata la mia prima reazione alla sua onda di entusiasmo e di fiducia. Non potevo credere che tornasse per me, per il mio nostro retreat di Positive Agility, proprio lei che in US studia e pratica le tecniche di consapevolezza e crescita personale da anni.

Non aveva senso. Non mi davo senso. E in entrambi i casi sbagliavo: prima di giudicare era meglio domandarmi: “Che senso voglio dare?”, perché solo io posso dare un senso che abbia senso, almeno per me.

“Voglio dare un senso, un senso a questa storia, anche se questa storia un senso non ce l'ha…” (Vasco)

Davvero, come possiamo dare un senso a questa vita, quando viviamo tanti nonsense?

Come possiamo dare un senso a questa voglia quando i nostri figli non trovano nemmeno la voglia di alzarsi dal letto? La realtà sembra non avere senso o, meglio, la narrazione della realtà annienta il buon senso e con questo la disponibilità a stare nella realtà.

Non faccio semplice filosofia, condivido riflessioni, esperienze, anche a rischio di apparire scontata. Perché spesso il senso è lì, davanti agli occhi, ha il sapore della quotidianità, il profumo di buono, la morbidezza di un manto avvolgente, la magia di un incontro. Nulla di eclatante, anzi, spesso è talmente scontato da non coglierne il senso. Come prendersi una pausa, fare un respiro, intraprendere un percorso insieme. Quei momenti spesso hanno più senso di interminabili giornate a rimbalzare tra giusto-ingiusto, io-loro, mai-sempre, bianco-nero, devo-voglio. Pesi, pesi, pesi. Stanchezza, depressione, negatività.


Cercare il senso, mi aiuta a prendere le distanze dalle emozioni e dal vorticare dei pensieri per tornare con i piedi per terra. Mi piace contestualizzare il presente sulla pelle, nel corpo: che odore ha? Che colore ha? Che sapore ha? Che tessuto ha? Che suono fa? Cacofonico, duro, amaro, grigio, stagnante: mi colpisce come un pugno la realtà, se lascio parlare i sensi. Eppure, la sento così e poco cambia se la ignoro, mi arrabbio, mi difendo, fuggo.

Molto cambia, invece, se mi fermo e onestamente mi chiedo che senso voglio dare anche a ciò che non capisco o non approvo. Perché possiamo andare oltre il giudizio, oltre il conflitto, oltre le reazioni egoiche; possiamo entrare in relazione con fiducia e gratitudine, verso l’altro e in primis verso noi stessi. Questo non bloccherà le minacce atomiche? Ovvio, però darà un senso al nostro incedere e un senso (ben) espresso dopo l’altro creano un movimento di senso, un cambiamento di senso, un presente di senso e un futuro che abbia un senso.

Troppo positiva? No, solo umana: sono sotto pressione da tanti mesi e la mia miscela sta diventando rancida. Ho bisogno di uscire e sbuffare e fluire nel mio bruciante calore. Ho bisogno di trasformarmi cercando di far quadrare il cerchio con buon senso.



Illusa? No e porto un esempio fresco di stampa: “Che senso ha questo investimento?” mi domandavo mesi fa quando venni coinvolta da Gruppo Cimbali nel progetto di un’opera cartacea d’altissimo livello dedicata al mondo delle macchine per caffè espresso. Già, che senso aveva? Non lo sapevo ma sentivo avrebbe avuto senso: ha avuto un tale senso da far letteralmente quadrare il cerchio, perché abbiamo realizzato un libro fuori dall’ordinario, realizzato in un periodo, per un’azienda, con persone e materiali fuori dall’ordinario, tanto da meritare la nomina per l’ambitissimo Compasso d’Oro 2023 di ADI Design Index. Il titolo del volume, guarda caso, è: Senso Espresso, “un viaggio – come ha commentato Barbara Foglia, manager di Mumac, museo promotore del progetto – che attraversa tutti i sensi e che racconta il tessuto imprenditoriale e culturale del Made in Italy. Essere inseriti nell’ADI Design Index con quest’opera ci dà grande soddisfazione perché premia un lavoro di grande cura, dedizione e passione”.

Cura, dedizione e passione, sostenuti dall’ingrediente magico: il buon senso (in primis dell’ottimo caffè!). La sensazione, infatti, è che proprio l’impegno a realizzare il progetto insieme, rispettando ruoli e competenze, osservandoci senza giudizi, assumendoci le responsabilità di ogni scelta, ci abbia consentito oggi di trovare il senso di un progetto poliedrico, che coinvolge tutti i sensi in una dinamica circolare e aurea.

Quindi parto con il pilota della Positive Agility profumato di buon senso, gustando le emozioni senza lasciarmici corrodere e danzando la canzone di Morandi: “Grazie perché…”. Grazie perché un semplice caffè mi ha risvegliato i sensi, facendo quadrare il cerchio di questa fase della mia vita.

Grazie perché la scelta di Gabriella mi regala Thanksgiving ogni giorno, riconoscendo l'abbondanza che ci permea sempre, sempre e comunque. E grazie a Sara e alle altre persone stra-ordinarie che ci seguono, perché volare su un'isola deserta dove mettersi in gioco per allenare l'entusiasmo di vivere in modo meravigliosa-mente sostenibile per tutti, ha oggi più senso che mai. Espresso con Positive Agility.

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