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  • Immagine del redattoreMargherita Pogliani

Impotenza o In Potenza?

“Voglio ancora il mio papà!”

Il suo grido disperato lacera la notte e il mio cuore.

Non posso ridarti il papà. Non c’è più il papà, anche se forse c’è più di prima.

Il senso di impotenza mi devasta, lasciandomi inerme, disarmata come mai era successo.

Ho proprio la sensazione di un macigno che schiaccia le gambe, mentre vorrei si trasformasse in una sega che tagli via quella maledetta gambetta in più della m di “impotenza”, permettendomi di leggerla come “in-potenza”.

Giri e rigiri di parole per cercare di addomesticare un dolore che morde feroce i nostri figli e ora anche me. Mi disorienta il suo aumentare giorno dopo giorno, quasi volesse travolgerci senza possibilità di salvezza, come l’incendio di Maui, che ha bruciato in tanti i sensi un nostro angolo di paradiso.


È inevitabile e aveva ragione Viola quando domenica leggeva, commuovendo più di 150 amici presenti a commemorarti, Guido: “È passato un mese e niente tornerà come prima, niente riuscirà a farti tornare a casa sano come eri sempre stato, quando abbracciarmi, prendermi in giro e ridere fino alle lacrime non dipendeva solo dalla mia immaginazione.

(…) È passato un mese e niente tornerà come prima, eppure ti garantisco che l'amore che provo per te è quello di sempre, forse anche di più, poiché è immutabile ed eterno.

Sei la persona per il quale un giorno scriverò un libro, racconterò della persona più forte che io abbia mai conosciuto, quella che ha lottato fino all'ultimo respiro, del tuo assurdo

coraggio, della bellezza con cui vivevi le piccole cose, quelle insignificanti, quelle di ogni giorno, quelle che tutti danno per scontato.

Racconterò di come ti sei sempre rifiutato di piangere davanti a me, di come sorridevi e di quanto la tua risata mi scaldava il cuore, di come mi difendevi anche quando ero nel torto marcio, di come mi guardavi e di come io ti guardavo.

Racconterò che eri il mio migliore amico, la persona per la quale avrei voluto dare la mia vita su un piatto d'argento se solo avessi potuto farlo.

(…) Se ne è andata una parte di me con te, quel pezzo ingenuo, infantile, fiducioso e speranzoso, pronto a caricarsi sulle spalle metà dolore degli altri per alleggerire un minimo la pena, e non penso riuscirà mai a tornare.

Grazie a te oggi sono la persona che sono, in tutto e per tutto; mi hai dato e riempito il cuore di talmente tanto bene che non puoi nemmeno immaginare. (…) Mi hai sempre ripetuto che meritavo il mondo, e che dovevo smetterla di sottovalutarmi o disprezzarmi e sai papà, forse, finalmente, l'ho capito: ho capito che è sbagliato pensare sempre a cosa potrebbero pensare le altre persone di te, che è sbagliato sorridere continuamente per far credere a tutti una realtà diversa da quella attuale, sbagliato continuare a essere così buoni e altruisti in un mondo di egoisti e superficiali.

Mi sforzerò di volermi bene, ma bene per davvero, e ad amarmi come mi amavi tu, papa”.


“Mi sforzerò di volermi bene, ma bene per davvero, e ad amarmi come mi amavi tu”: esiste promessa più coraggiosa? Non penso, perché nasce dal cuore e agisce con il cuore.

Mi ha straziata la lettera di Viola, ma sventrandomi ha permesso il manifestarsi di un nuovo “essere”, libero di esistere, anche nell’esempio di chi l’ha generato, come ha attestato Francesco condividendo in silenzio tanti sguardi e passioni così carichi di significato, o Leonardo che ha ammesso: “Ho capito che sono andato avanti nella vita grazie ai suoi sforzi per farci stare bene. Ho scoperto passioni grazie a lui; mi ha aperto un mondo, che senza di lui non avrei mai attraversato. Lo ringrazio infinitamente per ciò che mi ha fatto vivere e per quello che ho vissuto insieme a lui. Per me è stato un esempio per migliorare me stesso. Sono maturato grazie a lui”.

È vero, Guido: ci hai aperto un mondo che senza di te non avremmo mai attraversato. Un mondo di presenza, poi di assenza, quindi, nuovamente di presenza. Una presenza “in potenza”.

E ora, cosa ce ne facciamo di questo potenziale che trasuda dolore? Impariamo a conoscerlo, a usarlo, come ho fatto portando tutti i farmaci e le sacche di nutrizione inutilizzate all’opera San Francesco, affinché altri possano beneficiarne e io possa provare ancora gratitudine per ciò che anche la malattia ha lasciato. Come mi condivise una persona: “La grande debolezza della morte è che può vincere solo la materia. Non può nulla contro i ricordi e i sentimenti. Al contrario, li ravviva e li radica in noi per sempre, come se volesse farsi perdonare dicendoci: “È vero, vi sto togliendo molto, ma guardate tutto quello che rimane”.


Guido, il sorriso in potenza

Di noi, di te, rimane tanto, tantissimo, come le centinaia di foto, ripescate per l’occasione, dove ogni sorriso evidenziava che sono state davvero più le gioie dei dolori. Certo, come ho ammesso domenica, non sono state sempre rose e fiori: abbiamo a lungo confuso le nostre spine, infliggendoci ferite con continue schermate. Fioretti, spade, sciabole, nessuna esclusa, quasi ci nutrisse quel duettare contrapposto, concentrati sulle intenzioni offensive e difensive dell’avversario, e quindi orientati alla preparazione e alla simulazione delle azioni conseguenti. Non potevamo sapere che la malattia ci avrebbe disarmati e avrebbe dato un senso al nostro gioco ritrovandoci in squadra, alleati e tifosi per qualcosa di molto più importante dei nostri derby: il nostro scoprirci dapprima nell’impotenza, poi nella potenza nostra e dei nostri figli, con un sentimento che travalica ogni spazio e tempo.


Il sentimento del coraggio, che forza…

“Siamo profondamente toccati dalla vostra forza, dal vostro coraggio”, ci hanno detto in molti. Di necessità virtù, stavo per rispondere. Ma non era vero: era, è, impotenza trasformata in potenza.

Ancora oggi, se guardo alla forza e al coraggio che hanno avuto i ragazzi nel ricordarti mi sciolgo in un fiume di lacrime; se riprovo la sensazione sulla pelle delle centinaia di abbracci e di sguardi di autentica partecipazione ricevute, mi ritrovo così grata da illudermi che questa vicinanza corale possa lavar via la rabbia, la tristezza. Ma non è possibile, perché non esiste forza o coraggio o commozione o persino compassione capace di lenire una rabbia sorda che si può solo trasformare. Non esiste farmaco per la tristezza se non attraversarla. Non esiste rimedio, se non inventarsi un nuovo modo di accettare ciò che ci sta tanto cambiando. Non esiste amore se non scoprirlo in un nuovo stato d’essere.

Quale? Sta a noi sceglierlo. Io scelgo di seguire le nostre tre piccole, grandi, stelle che oggi illuminano di autentica visione questa vita inedita. E il tuo sorriso, sempre presente. Loro stanno insegnandomi ad amarci, a fare il tifo e a crescere per poter riflettere insieme l’immensa potenzialità che l’esistenza ancora ci offre. Chiudo i pugni e li apro, rendendomi conto che lasciar andare è forse più facile di quanto si pensi. Respiro e fatico a buttar fuori anche se confido nella fenice che nascerà dalla cenere, più vera e forte che mai. Confido nel suo trasformarsi da impotenza a “in potenza”.


Il nostro viaggio continua, anche se ora... Guido io.

Il cammino finora ci ha riservato così tante sorprese, nel bene e nel male, che fatico a contarle.

Ma “splende già in ogni via quella tua luce” che si propaga in una gentilezza inattesa, in una vicinanza sentita, in una conoscenza inaspettata, in un aiuto a lungo rifiutato.

Quando si tocca il fondo si scopre la forza che abbiamo per tornare in superficie. Quando si resta al buio si capisce l’importanza della luce che tutto trasforma. Con pazienza, sì, con delicata e potente pazienza. E tu di pazienza ne hai avuta tanta, fin troppa.

“Esagerata!”, avresti detto, ma non è forse la morte esagerata di fonte alla nostra limitata accettazione?

“Marghe, smettila…” avresti rincalzato.

La smetto però abbiate pazienza, finché anche noi potremo cantare: “io benedico la tua assenza”…


Svegliati, sali su, fino a me

Brilla già in ogni via la tua luce

Chissà se avremo un’occasione

Ancora un cambio di stagione

Io benedico la tua assenza beata me

Pazienza

Che strani giorni amore

Leggeri tra le nuvole

E resta addosso il male e il bene

Nascondo tutto, tutto nelle vene

Come sorridi tu, nessuno

Come mi guardi tu, nessuno

Oltre satelliti e aquiloni, seguirti ancora

Arriverà domani

Splende già in ogni via quella tua luce



PS: ringraziare chi c'era e chi avrebbe voluto esserci sembra superfluo ma non lo è. Non lo è affatto perchè - credetemi - la vostra presenza rende viva anche la morte, che non è nulla rispetto a quello che rimane. Quindi grazie, ancora e sempre di cuore.

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