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  • Immagine del redattoreMargherita Pogliani

Entusiasmo!

Entusiasmo! Non è ironia.

È un'invito mirato, perché oggettivamente trasmette sensazioni meravigliose! Non è fugace come la gioia, non è “banale” come l’allegria ma è stimolo, risposta e conseguenza.

È voglia di vivere, di fare e di condividere. Attraversando la vergogna di ammettere: sì, sto bene.

Sto proprio bene, nonostante il contesto spinga a testimoniare l’opposto. Non penso solo per rispetto verso la situazione. Credo, invece, sia più condizionato dalla facile abitudine a condividere pensieri, giudizi, sensazioni di disagio, mancanza, negatività piuttosto che sprazzi di gioia, segnali di entusiasmo.

La vittima è molto più “comune” e vicina a ciascuno di noi, rispetto alla persona felice ed entusiasta.

La vittima si può aiutare, sentendoci persino superiori salvatori. L’entusiasta, all’opposto, genera quasi disagio, lo si può osservare con prudenza perché ad avvicinarsi troppo si rischia di scottarsi.


Entusiasmo o follia? Spesso dipende solo da come guardiamo: con o senza lenti d’ingrandimento.

Sto scoprendo, infatti, che più mi focalizzo sul dettaglio, meno percepisco l'unicità e l’ampiezza di ciò che ho di fronte. Togliendo lo zoom mi focalizzo su una prospettiva carica di infinite possibilità e potenzialità. Una prospettiva che entusiasma, perché suscita solo la voglia di osare, di creare, di crederci, di rischiare. Di condividere.

Troppo spesso temiamo la sovra esposizione e allora ci trinceriamo dietro una giustificabile disillusione. Disillusione che ci paralizza e tace. Ci appanna la visuale e riempie di frustrazione. Perché, tanto, noi cosa possiamo fare? Non saremo così pazzi da credere ancora nelle favole…


E invece… Invece le favole esistono, tanto quanto il diritto a cercare la felicità.

Le favole esistono e possono essere rilette con entusiasmo per trovare spunti inediti, carichi di quella forza che avevano le sorprese negli scrigni della nostra infanzia.

Ecco, allora, che una fortuita conoscenza tra le pericolose praterie dei Social si svela essere opportunità di trasformazione, alla ricerca di condivisioni evolutive, belle, ricche di stimoli di valore.

Ci tengo a sottolineare che la scelta di condividere apertamente il mio entusiasmo non è condizionata dal sentirmi “invasata” o da una momentanea eccitazione partecipe.

Al contrario: è frutto di una lenta e curata scelta di campo, associata alla voglia di vivere.

Entusiasmo per me è uscire di nuovo allo scoperto per tornare a navigare.

È una coincidenza che apre il cuore.

È ritrovare una persona e capire che non si era mai persa.

È co-creare insieme a chi stimo.

È condividere le competenze che ho.

È ammettere l’emozione di viversi.

È stare senza pregiudizi, aperti a nuovi link.

È fiducia, profonda, potente, massiccia.

È il risveglio di una forza che rende tutto possibile. È attiva serendipity, consapevole e sorridente, aperta sull'incredibile possibilità che i desideri si realizzino, davvero.

È, come scriveva Lina Sotis, fra tutti i sentimenti "il più bello perché il più generoso. L’entusiasmo è un moto d’animo, contagioso, che crea gioia e non chiede niente. Chi riesce a entusiasmarsi anche in tempi di crisi ha un passaporto per il futuro, che lo porterà ovunque.”


Non so, sinceramente, dove mi porterà questo (ri)trovato entusiasmo. Ma so che mi sento viva e la vita mi risponde, mostrandomi che anche le più incredibili fiabe della fantasia possono diventare realtà.

Certo, serve un punto di vista inusuale. Come mi insegnano i direttori del nuovo museo e progetto interattivo dedicato ad Hans Christian Andersen a Odense, sua città natale: “L’universo artistico di Andersen è fantastico, perché stravolge la tua visione del mondo così come pensavi di conoscerlo, ma senza rimpiazzarla con qualcosa di alternativo. Le sue favole non conducono verso una verità universale, ma piuttosto si aprono verso la peculiarità e la molteplicità del mondo. In quest’ottica, il nuovo museo ospiterà spazi dedicati alla ricerca dello stupore, dell'immaginazione e delle avventure magiche, per stimolare la riflessione e la ricerca di nuove prospettive su sé stessi, sulla natura e sulla società.

Dobbiamo innanzitutto calarci nelle fiabe, quelle che tutti conoscono. L'idea non è quella di raccontarle nuovamente, ma piuttosto di rappresentare la loro familiarità, la loro presenza nel quotidiano, e ispirare così altre letture di Andersen”. E non solo, perché sono convinta che le fiabe ispirino anche altre letture della nostra realtà. Che a ben guardare ha sempre qualche fiaba da raccontare.

Prendiamo il largo con fiero entusiasmo, non per perderci nell'aria ma per osservare la realtà da una diversa prospettiva. In fondo:

"La vita di per sé è la favola più fantastica”

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