top of page

Adiós, agosto

  • Immagine del redattore: Margherita Pogliani
    Margherita Pogliani
  • 1 set
  • Tempo di lettura: 4 min

Byebye, adiós agosto! Mai mi era capitato di non rimpiangerti ma quest’anno hai superato il limite, sei stato troppo violento e sconvolgente. Prima l’insufficienza cardiaca e l’operazione di papà, fatalmente il giorno dell’anniversario di Guido. Poi l’allagamento notturno di casa, con intervento dei pompieri. Per non parlare del Ferragosto iniziato in codice rosso con successivo ricovero di mio figlio per depressione e infine lo schianto con distruzione dell’auto. Il botto, il panico, il fumo denso, il bianco ovunque: lo scoppio di tutti gli airbag ha riassunto in modo esemplare questo mese infuocato da shock, terrore, rabbia, dolore.

Ho visto nero, come la morte sfiorata, poi bianco come la vita attestata, con onde blu enormi e rosse come quella passione del cuore che non smette mai, mai di pulsare.

I danni? Collaterali. Non è vero: me la racconto, perché sono stati centrali: mi hanno scossa così nel profondo che ora mi stupisco a riconoscermi ancora più grata. Ebbene sì, nutro una profonda gratitudine per ciò che ho toccato con mano. Alla fin fine prevale la riconoscenza, quasi untuosa nella sua prosopopea. Eppure ne sento il valore, ne privilegio la presenza: siamo ancora tutti qui, sani e salvi, ammaccati e confusi ma ancora più consapevoli della fortuna che abbiamo, nonostante tutto. Banale? Certo. È la banalità del bene che supera quella del male.

Ben lontana dal vestire i panni di un maestro zen, mi sono ormai arresa al fatto che la vita è solo al 10% quello che ci succede e al 90% come reagiamo. E la mia natura mi porta sempre a una reazione attiva, paradossalmente positiva che non significa credere che tutto andrà al meglio ma rimboccarsi ogni volta le maniche con la fiducia di poter far fronte anche a queste ennesime emergenze.

Ho letto che esistono sette sistemi emotivi di base che si attivano nelle risposte affettive emozionali, accomunando esseri umani e altri mammiferi. Questi circuiti includono: SEEKING (Cerca), FEAR (Paura), RAGE (Rabbia), LUST (Desiderio sessuale), CARE (Cura), PANIC/GRIEF (Panico/Tristezza) e PLAY (Gioco). Fossi stata uno dei topi da laboratorio di Panksepp, il neuroscienziato che li ha studiati, forse mi avrebbe catalogata con uno sviluppo eccessivo del sistema di Seeking e di Care: ricerca e cura. Non mi lamento, poteva andare peggio. Anzi, proprio su questi due circuiti innati scelgo di orientare la mia attenzione, conscia che non posso al contempo ignorare gli altri, altrimenti il disequilibrio si manifesta in un settembre peggiore dell’agosto passato. Così accolgo la paura, la rabbia, il panico, la tristezza - ok, anche il desiderio - come è giusto che sia, lasciando che giochino il loro ruolo ed esprimano la loro potenza. Confido di poterli curare e orientare al meglio.

Un esempio? Avevo il terrore di far emergere la mia rabbia, la mia tristezza, la mia paura. Ma ne ero anche satura, consumata, annichilita. Dovevo fare qualcosa, (re)agire in modo diverso. Una fuga in un ashram in India? Beh, sarebbe stato l’ideale ma scontato.

Così ho rispettato i piani e sono partita per Tenerife con i miei figli, usuale scambio casa, e fin qui niente di nuovo sotto il "solMarghe". Ciò che è nuovo è il mio prendere posizioni più definite, dichiarare serenamente i miei “sì” e “no”, proteggere i miei spazi, le mie emozioni, senza “se” e senza “ma”. Non è facile, anzi, Ma sto facendo del mio meglio, complice un’isola vulcanica che sobbolle energia ancestrale, nuda, dura, scura.

Esternare la mia tristezza o rabbia o paura, condividere le sensazioni, le emozioni, i desideri, a iniziare dai miei figli è un processo che mi spaventa molto, non lo nego. Richiede tempo anche se ha bisogno di un attimo per autorizzarselo.

Globicefali, balene pilota
Mamma con cuccioli globicefali, balene pilota

Porto l'esempio di ieri, quando a costo di apparir una boomer imbottita di credenze psicomagiche, sono andata con i ragazzi in barca alla ricerca di globicefali, enormi delfini chiamati anche balene pilota. Se li avessimo trovati avremmo gettato nell’oceano uno splendido quarzo fantasma fumé che per me includeva tanti, troppi sentimenti avversi.

Nel blu cobalto una mamma con i suoi tre cuccioli sembrava aspettarci per ricordarci che la vita è una e si possono lasciare andare i pesi, i dolori, la rabbia, la fatica.

La Calderon Tropical si lasciava fluire, insieme ai suoi piccoli, ciascuno rispettando il proprio spazio, la propria corrente. Vicini, ciascuno per sé. Indipendenti ma uniti.

Una fine, un inizio. Perché a volte abbiamo bisogno di schiantarci per ricordarci che siamo vivi. A volte liberare la rabbia spurga piaghe di un dolore sordo che pulsano nelle viscere. A volte la solitudine aiuta a schiarirci le idee. Altre volte basta ricordarci di respirare per trovare alternative che rimandavamo da anni di guardare. Altre emergono desideri che ci accendono come micce restate troppo a lungo sotto la terra.

Siamo tutti animati da sistemi innati. Sistemi sottocorticali che riflettono le nostre emozioni e regolano le nostre reazioni. Il corpo ne è pervaso e li manifesta sempre. La mente invece mente, troppo spesso.

A noi la scelta di ascoltare l'uno o l'altra. A noi la decisione di vivere con il coltello tra i denti illudendoci di essere razionali o arrenderci all’evidenza della nostra natura. Siamo umani e imperfetti e limitatissimi e ancora così poco evoluti... Ma non è una buona scusa per spegnerci in una litania di piagnistei e vittimismo. Abbiamo la possibilità di alzare la testa e guardare oltre lo scontato. Abbiamo la possibilità di cambiare canale, registro, punto di vista.

Margherita

Per me domani è un altro giorno: inizia settembre. E non sarà forse meno gravido di sfide e di ingiustizie, ma voglio credere che starà a me scegliere come affrontarle e cosa farne. Un passo alla volta, riconoscendo che ogni problema può esser trasformato in opportunità. Un fiore tra i capelli, per ricordarmi che Le Margherite sanno aspettare (splendido libro corale di Roberta Schira che ho appena finito di divorare), sempre e comunque. Perché possiamo tornare sempre a fiorire, soprattutto in un terreno arato, riarso e poi allagato. Possiamo tornare ciascuno a casa. Quella Casa che "metteva alla prova, smuoveva, scomponeva. Ma forse era proprio la sorellanza, quel filo invisibile che legava tutte loro, a rendere possibile la trasformazione".

Sì, come le margherite della Mariconda non siamo un mistero da risolvere. (...) Non abbiamo bisogno di spiegazioni. Esistiamo, "semplicemente per ricordare che nulla va perduto davvero e che anche ciò che sembra fragile racchiude una forza inarrestabile. Basta solo aspettare."

Commenti


©MargheritaPogliani 2019

  • White LinkedIn Icon
  • White Instagram Icon
  • White Facebook Icon
CONTACT

Per me è un vero piacere connetterci, conoscere nuove realtà, storie, persone.

Per co-creare insieme o anche solo per confrontarci in spensierata libertà.

E grazie, per avermi seguita fin qui

e per il contatto!

Thanks for submitting!

bottom of page