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  • Immagine del redattoreMargherita Pogliani

100x100 Un-Lock-Down

Sentirmi chiusa tra 4 mura mi abbatte. Mi curvo sotto il peso di un dovere morale e sociale. Verso il basso. Lock, again. Down, again.

Mi prosciuga l’idea che le emozioni diventino sempre più negative perché siamo bloccati, ci sentiamo isolati al buio delle nostre paure, incertezze, battaglie quotidiane. Cerchiamo luce entro di noi ricordando emozioni pure e online, seguendo persone di valore.

“Dato che è complicato chiedervelo uno a uno domando: voi, in tutto ciò, come state?”

chiedeva un amico di valore qualche giorno fa. Decine le risposte. La sua, conferma la mia stima: “comunque il domani arriva e occorre desiderarlo migliore”.

"People have been locked-up but also unshackled. What we thought was not possible is very possible". "It's time to look inward and reflect on the values you are bringing into the world through your work and your relationships".

"An agile and dynamic mindset is like an evolutionary require- ment of our species in this particular moment, or maybe it has always been thus.”

Sono citazioni che rileggo oggi con l’intelligenza del cuore sulla neonata e visionaria raccolta di testimonianze: 100x100 Business vs CoronaVirus.

Visionaria non certo perché Maurizio Ribotti, mecenate di quest’iniziativa trasformativa, ha coinvolto anche me, ma perché il vissuto di ieri diventa il pensiero di oggi che a sua volta si può trasformare in azione domani.

100 sprazzi di consapevolezza da 100 professionisti su argomenti e settori differenti: dalla moda/lusso alla tecnologia, al design, alla comunicazione, all'intrattenimento, al cibo, all'ospitalità, alla vendita al dettaglio e alle istituzioni. Siamo tutti diversi, di grado e competenza, ma emerge un incredibile fattore comune: l’impegno a condividere la conoscenza e a sostenere una cultura interconnessa.

Cultura interconnessa che si sprigiona in iniziative finalizzate a crescere insieme, come i confronti, le riflessioni e le tavole rotonde organizzate di continuo sui social.

Giusto oggi Gruppo Cimbali con MUMAC, ha promosso un dibattito online su Società a responsabilità illimitata: cultura, società e impegno, da cui emerge la necessità di passare all’azione per rendere concreto lo scopo che ogni azienda, ogni persona dichiara.

Dobbiamo, possiamo, agire con una nuova cultura di presenza, fattuale e gentile. Perché la gentilezza nasce da un reale sentimento di cura, di sostanza, di empatia, per costruire senza distruggere, per esistere senza escludere, per relazionarci senza imporci. Celebrando l’inclusione, la reciprocità, la ricchezza di senso della parola “noi”, attraverso anche molti racconti e attività.

A proposito di una presenza fattuale e gentile, oltre ai miei nonni, mi sovviene la parola Lokomaika’i, connessa con un’esperienza semplice, che mi ha incantata alle Hawaii. Ringraziando sperticatamente una splendida fanciulla che mi aveva riaccompagnata in auto pur dovendo andare in direzione opposta, lei, con un sorriso dolcissimo ha replicato: “Non devi ringraziarmi. Siamo così. Lokomaika’i è la nostra disposizione d’animo. Nella cultura hawaiana, l’animo, loko, è maikai, gentile naturalmente, perché la gentilezza è magica, unisce, nutre, accoglie”. Il concetto non solo è immune al Covid ma contagia di “anticorpi”, perché si può essere diversi per mille motivi, ma se si è gentili il dialogo esiste oltre la contraddizione. L’ascolto trova spazio nelle pieghe dell’indifferenza, la condivisone spezza l’isolamento. Salvarci con la gentilezza è possibile, se c’è ancora qualcuno che non ha paura di investire nella solidarietà come ricchezza da non svendere.

Infine, non dimentichiamo la considerazione di Beethoven: “Io non conosco nessun altro segno di superiorità nell’uomo che quello di essere gentile”.

La gentilezza è una dote innata, ma è anche un’arte, un muscolo che si può allenare.

Lo attesta la scienza, la psicologia, le sapienze millenarie: essere gentili conviene. Fa bene alla salute, attira simpatie, crea un clima positivo e sereno. Il vero tornaconto della gentilezza, tuttavia, sta proprio nell'essere gentili, perché troviamo il senso e il valore della nostra esistenza.

A pioggia, come delicati fiori di giuggiolo, si stanno moltiplicando dibattiti e corsi per insegnare la gentilezza, come antidoto alla paura, alla rabbia, alla frustrazione. Ultimamente è cresciuto in Italia il movimento Gentile, scaturito dal saggio Biologia della Gentilezza: università, città, persino piccoli Stati hanno aderito con credo profondo. È stato ristampato l’Elogio della gentilezza di Adam Philips e Barbara Taylor e La forza della gentilezza di Piero Ferrucci che scrive: «La gentilezza non è un lusso, ma una necessità». Oggi più che mai, aggiungo.

Da poche ore si è chiusa persino la settimana dedicata alla gentilezza (consiglio di scoprirla!).

E la domanda che mi nasce spontanea è: perché dobbiamo celebrare la gentilezza una settimana? Perché solo una settimana? La gentilezza andrebbe celebrata e testimoniata ogni secondo, anche mentre dormiamo. Perché i primi verso cui dovremmo dimostrarla siamo noi, con i nostri limiti e tutte le fragilità che il “lock” ci sta sbattendo in addosso.

Un-Lock. Sorridiamoci allo specchio, apriamoci e appena possiamo ringraziamo sottolineando: “Che gentile!”

“La gentilezza è la catena d’oro con la quale la società viene tenuta insieme”, sosteneva Goethe.

A tanta saggezza non posso aggiungere nulla. Ma posso ringraziarvi di cuore per la vostra “presenza”, suggerendo di scaricarvi gratuitamente 100X100 e di diventare testimoni gentili del vostro esistere. Perché, anche se lo neghiamo, può essere prezioso. Sempre più prezioso.

Ascoltiamo, ascoltiamoci, dunque. Contagiamoci di gentilezza. Educhiamoci alla gentilezza. Impegniamoci in azioni gentili ogni giorno. E la sera, con gratitudine ricordiamo chi oggi è stato gentile.

La catena di Goethe, in fondo, può tirarci fuori dall’acqua.

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