Donna, figlia mia, è per me dono con doppia enne, innalzato all’ennesima potenza.
Donna è danno per chi vuole scherzare, è nonna per chi raffreddato resta a guardare.
Donna non è femmina, non è moglie, non è madre, non è fata, non è strega.
Donna è domina, colei che è di casa.
È padrona di casa, del suo universo, pieno di stelle e pianeti e galassie e buchi neri. Già, anche buchi neri. Buchi che in tante cerchiamo di evitare, per paura di caderci dentro e forse stare troppo male.
Eppure il male è inevitabile, cucciola, ci appartiene fin da principio, perché altrimenti non esisterebbe il bene.
Lo senti il bene che ti voglio? Dio, il bene che ti voglio…
E il male che ti ho fatto! Diavolo, che male ti ho fatto…
Male colposo, denso di incongruenze e inesperienze.
Che vergogna pensarci ora! Pensarci solo ora! Sono stata madre, più che donna, con voi come con le persone e i lavori che ho amato.
Sono stata accudente più che stimolante.
Sono stata uterina più che coinquilina.
Di nonna in donna ho mutuato credenze e comportamenti che forse oggi sono poco funzionali, d'altronde a poco servono i rimorsi del passato: sono stata ciò che sono stata, di più non sapevo o non potevo o non volevo essere. E va bene così. Ho ereditato tanto. Tantissimo. Meraviglie le definisco oggi perché mi sento finalmente livera di esprimerle senza vergogna.
Siamo libere, ricordalo, figlia mia.
Siamo libere di interpretare i nostri ruoli come meglio crediamo.
Siamo libere di esistere e cambiare come meglio ci pare.
Sentiti libera, alzati in piedi, apri le braccia, gira su te stessa: nessuna catena, nessuna spazio più contenerti.
Sei libera, libera di esser donna. Libera di vestire tutti i panni che vorrai.
Libera di essere la donna che amerai e a volte odierai.
La donna che ti incanterà e ti deluderà.
La donna con la gonna, anche se sotto ha pantaloni di pelle umana.
Donna che piange, di gioia e di dolore.
Donna che si innamora anche del proprio errore.
Donna che si inventa e si reinventa e si reinventa all’infinito, perché “siamo così, dolcemente complicate e certe giornate strane lascia stare…”
Sii quella donna che vorresti affianco, forte abbastanza da correrti dietro se vai troppo avanti o di illuminarti la strada quando è troppo buia.
Sii quella donna che osa sognare quando oltrepassa la vergogna di doversi giudicare.
Sii libera di sperimentare, di cambiare, di vincere e di perdere. Sopratutto, di perdere, perdere il controllo.
“Le occasioni vanno colte. Le follie vanno fatte: questo è quello che ti auguro di ricordare sempre. Vivi e respira come una donna”
Me l’hai scritto tu, non io, anche se io non avrei potuto augurarmi nulla di più profondo e vero.
Non avrei potuto augurarti nulla di meglio: vivi e respira come una donna e ricorda che le occasioni vanno colte, le follie vanno fatte.
Vivi con l'entusiasmo e la creatività di una donna, respira profondamente la magia che incarni.
Radicati forte e maestosa, come la mimosa, e risplendi tenera e luminosa come il suo fiore.
Perché - vedi -, abbiamo tutto per fiorire e rifiorire e rifiorire, quando ci ricordiamo di aver cura del nostro corpo di donna, creato per generare, non per lottare.
Potiamone i rami secchi, riconosciamone le gemme, accarezziamone l'anima, così forte, così fragile.
Il nostro corpo è sensitivo senziente: percepisce ogni vibrazione, vive per te, con te, che ti piaccia o no.
Sai, alla tua età cercavo di ignorarlo, il mio corpo. Anzi, a essere sincera proprio lo odiavo, tanto mi imbarazzava: troppo tondo, troppo piatto, troppo rosso, troppo pallido. Avrei potuto essere la Barbie dei miei sogni e me ne sarei vergognata ugualmente. Perché l’insoddisfazione era il mio pane, la ricerca la mia pena, la lotta la mia rivoluzione.
Poi ho deposto le armi, riconoscendomi il piacere di abitare questo corpo, di farmelo alleato per sostenere i pesi della vita.
Ho imparato a conoscerlo, riconoscendone la perfezione, non d’aspetto ma di complessità: una macchina incredibile, con ogni cellula connessa alle altre, un sistema idraulico e meccanico da far arrossire Da Vinci e soprattutto la capacità di esprimersi ben prima che lo faccia la testa.
Così ho iniziato ad ascoltarlo, persino a chiedergli ragione dei dolori che ogni tanto facevano capolino. E sai cosa mi ha risposto? “Sei una donna, generata da una donna, generata da un’altra donna. Un filo infinito di donne legate dalla capacità di prendersi cura”.
È intriso nelle nostre cellule, nella nostra energia.
Di fiore in fiore e di colore in colore, vivi e respira come una donna, amore mio, iniziando a prenderti cura di te, prima che di tutti gli altri.
Vivi e amati come una donna, perché in te già riconosco una grande Donna.
Vivi e prenditi cura della tua giovane donna, lo sai fare, non ti preoccupare, dietro la cortina della vulnerabilità si nasconde la nostra forza. La nostra vera forza: (ri)generare, (ri)generarci.
Auguri a te Marghe, a Viola, alla mamma, a Suso, a Claudia e a tutte le donne.