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  • Immagine del redattoreMargherita Pogliani

Terapia intensiva

Viviamo in terapia intensiva finché non viviamo una terapia intensiva.

Inseguiamo inutili certezze finché non ci svegliamo nella totale incertezza.

E allora ci rendiamo conto che tutto questo affannarci, aspettarci e trincerarsi dietro pareti di giudizi e pregiudizi non ha alcun senso. Non ha senso preoccuparsi di un passato o di un futuro quando ci si può occupare solo del presente.

Non ha senso vivere sospesi in attesa di risposte. Eppure, talvolta la vita ci impone la sospensione, chiedendoci solo di avere pazienza, fiducia, accettazione. Una prognosi riservata, un esame a settembre, una temporale cecità, un finanziamento bloccato: la vita ultimamente è stata generosa di sospensioni, con me e i miei cari.

“Omnia sunt hominum tenui pendentia filo”, tutte le cose umane sono sospese a un esile filo, scriveva Ovidio. È avvenuto tutto insieme a distanza di poche ore: il ricovero in terapia intensiva di mio marito, la caduta del cristallino di mia mamma, il piano d’impresa per concorrere ai fondi d’imprenditoria femminile archiviato senza nemmeno esser stato valutato e la sofferente frustrazione di un figlio per esser stato rimandato a settembre.

Nessuna commiserazione, per carità. E sinceramente anche nessuna recriminazione. Solo la schiacciante conferma che “Viviamo su un granello di polvere sospeso in un raggio di sole”, per citare Carl Sagal, che di astri se ne intende.


E io, ritrovandomi sospesa su un minuscolo granello di polvere, ho cercato di focalizzarmi sul raggio di luce, anziché sull’oscurità che inghiottiva tutto il resto. Una luce agrodolce, accecante, determinata a farmi scendere a patti con il destino, imparando a chiedere e a fidarsi.

Così ho chiesto aiuto ad amici, parenti e conoscenti. Mi sono affidata a specialisti straordinari, scoprendo equipe collaborative e gentili, interessate solo a fare bene per far del bene.

Ho lasciato andare ogni difesa, ogni peso inutile e mi sono ritrovata accolta da persone armate solo delle migliori intenzioni.

Ho riconosciuto i valori e le capacità che mi permettono di stare radicata, condividendo linfa con chi mi è caro.

Ho accolto la magia delle forze femminili, lasciandomi sostenere da reti di cuore.

Ho sperimentato quanto sia importante a prendersi cura di sé per potersi prendere cura dell’altro, condividendo la realtà senza infiorettarla ma guardandola dall’esterno, con apertura e sensibilità.


Per non spezzarmi ho dovuto limitarmi, accettando di fare al meglio la mia parte.

Anzi, mi correggo: di fare bene la mia parte, come mi stanno insegnando le mie sparring partner, puntando all’80/20. Cosa significa? Significa dirsi: “anche basta così. Nota come legge di Pareto, si basa sull’evidenza che solitamente l'80% dei risultati proviene da solo il 20% dei nostri sforzi. Impressionante, no?

Quindi, come concentrarsi sul 20% per ottenere l’80% dei risultati? Tony Robberts, guru motivazionale, suggerisce di stabilire quotidianamente le priorità, ammettendo che non tutto ha la stessa importanza: bando al multitasking, avanti all’equazione Obiettivo + Priorità = Risultati. Risultati specifici, misurabili, realizzabili in un arco di tempo, di cui realisticamente possiamo assumerci la responsabilità, intuendo in anticipo, senza il beneficio del senno di poi, su quale 20% concentrarsi.

Io mi sono concentrata su cuore, testa, pancia: cuore, per dare e ricevere amore disinteressato; pancia per sentire le emozioni senza riconoscermi in loro, facendo anche qualcosa di totalmente inutile; testa per occuparmi degli essenziali, lasciando andare le preoccupazioni.

"Nei cartoni animati i personaggi corrono oltre il burrone e non cadono finché non guardano giù. Mia madre diceva sempre che questo è il segreto della vita: "mai guardare in basso". Ma non è così, non basta non guardare giù: bisogna anche non rendersi conto di essere sospesi in aria e di non saper volare..."

Dakota Fanning mi consentirà una variazione sul tema: io mi sono resa conto di essere sospesa in aria, ma ho preso il volo per guardare giù, scoprendo che non c’è bisogno di immolarsi tra le tenebre per sentire la luce.

Non c’è bisogno di andare in terapia intensiva per attraversare il dolore.

Non c’è bisogno di codice rosso per assumersi la responsabilità di scelte vitali.

Non c’è bisogno di perdere la vista per ricordare che la vita è a colori.

Non c’è bisogno di insufficienze per riscoprire le nostre potenzialità.

Non c'è bisogno di esaurire le speranze per ritrovare i fondi.

Non c’è bisogno di crollare per lasciarsi sostenere.

Non c’è bisogno di salti mortali per raggiungere l’80/20. Eppure la vita talvolta deve scuoterci per manifestarci i fragili ingranaggi di un senso che troppo spesso sfugge di mano.

Per fortuna ora sono qui a scriverne, rassicurata da tanti piccoli, indefessi miglioramenti. Ogni sera un piccolo passo avanti, in compagnia di questo leprotto, che incrocio sempre uscendo dall'ospedale, quasi volesse ricordarmi una delle lezioni più importanti degli ultimi anni: fermarmi, respirare, valutare la situazione e dare fiducia a chi vibra delle stesse energie naturali. E positive.

Ho ho dovuto seppellire l’illusione di poter tenere tutto sotto controllo e trovare soluzioni, riconoscendo che a volte bisogna proprio lasciarsi andare e stare in ciò che c’è. Così, senza rendermene conto, puntando all’80/20, le giornate sono passate, le sospensioni sembrano meno sospese e le possibilità più consistenti.

Voglio ricordare queste settimane tra le montagne russe come mi fossi ritrovata in orbita in una galassia di raggi di luce, a guardare questo nostro piccolo Mondo ammettendo che è l’unico – come sostiene sempre Sagal - dove al momento ci giochiamo le nostre carte, che ci piaccia o meno.

È stato detto che l'astronomia è un'esperienza di umiltà e che forma il carattere. Non c'è forse migliore dimostrazione della follia delle vanità umane che questa distante immagine del nostro minuscolo mondo. Per me, sottolinea la nostra responsabilità di occuparci più gentilmente l'uno dell'altro, e di preservare e proteggere il pallido punto blu, l'unica casa che abbiamo mai conosciuto.”

Eccolo il miglior insegnamento che porto a casa: occuparci più gentilmente l’uno dell’altro, per proteggerci e preservarci con umiltà, dimenticando la follia delle umane vanità e stando nella semplice e sana gratitudine di ciò che c'è.


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