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Quando si chiude un cerchio

  • Immagine del redattore: Margherita Pogliani
    Margherita Pogliani
  • 6 giu
  • Tempo di lettura: 4 min

Un cerchio dentro l'altro - come quando si getta un sasso in acqua - si allargano in questa voragine di ricordi.

6 giugno. Una data che porta con sé il peso dell'inizio di una fine e la promessa di profondità che si amplificano concentriche solo vivendole.

Ricordo ancora quel primo giorno. Tre piccoli esploratori con zaini più grandi delle loro spalle, che si tenevano per mano formando un cerchio perfetto nel cortile delle elementari. Grembiulini blu come frammenti di cielo, occhi spalancati sulla meraviglia del banco di prova che li aspettava. Il primo quaderno ancora bianco, tutto da riempire.

Cerchio in giorstra

Tredici anni di mattine che si sono susseguite come onde sulla riva, portando ogni volta qualcosa di nuovo: conoscenza, frustrazione, amicizie, delusioni, scoperte, paure. Quelle classi - le loro classi - li hanno accolti, nutriti, spazientiti, arricchiti. Li hanno preparati a questo momento: l'ultima pagina da voltare, l'inizio di una trasformazione. Una giostra, una giostra continua dove ogni giro ha lasciato il segno nel registro presenze del cuore.


La scuola della vita

Ma il 6 giugno risuona forte nel mio cuore anche per un altro motivo. Tre anni fa, proprio oggi, la vita ci ha iscritti d'ufficio a una scuola diversa. Non aveva aule, né cattedre, né programmi prestabiliti. Aveva solo una lezione urgente da insegnare: la fragilità, la paura, l'amore che diventa coraggio quando tutto crolla.

Un attacco di pancreatite. Una morte annunciata, sebbene nessuno si sia preso la responsabilità di comunicarla. Una casa che improvvisamente non è più rifugio. Giorni in cui ogni respiro è un esame da superare, senza libro di testo, senza possibilità di copiare.

Come si prepara un adolescente a questo? Quale materia insegna ad affrontare la paura di perdere tutto? Quale sapienza giustifica quel vuoto tanto grande da annullare tutto il resto? Su quale lavagna si scrive la lezione del dolore?

Non esiste preparazione per certi cataclismi. Eppure, i miei tre ragazzi hanno imparato la lezione più importante: quella che non si dimentica mai, quella che trasforma per sempre il modo di guardare il mondo. L'hanno imparata a memoria, scritta non sul quaderno ma incisa nell'anima.

Ho scoperto, osservandoli crescere attraverso quella tempesta, che la vera istruzione non sta nei voti o nelle interrogazioni. Sta nel modo in cui poniamo le domande. Nel coraggio con cui accogliamo le risposte, anche quando non sono quelle che speravamo. Sta nel saper leggere tra le righe dell'esistenza.

Il vero diploma è condiviso con amici veri che non si misurano in chilometri o frequentazioni. È frutto di presenza come scelta del cuore, non d'abitudine. È l'elaborazione della paura che diventa maestra di resilienza.

Le prove più difficili non hanno aule né orari prestabiliti. Chiamano all'appello improvvisamente, perfidamente, rendendoci impreparati in ogni caso. Non c'è suoneria che le annunci, non c'è ricreazione che le interrompa.


Le mamme che tengono la rotta

E quando si è impreparati cosa si fa? Alcuni mettono la testa sotto la sabbia facendo finta di non esistere. Altri chiedono aiuto, con uno sguardo. Alzano la mano come facevano da piccoli, quando non sapevano la risposta ma speravano che qualcuno li aiutasse.

Lì saltano fuori gli amici veri, genuini, capaci di porre domande scomode, di sostenere con un abbraccio a distanza. Mamme che diventano prof di sostegno, che tendono una mano, creano cerchi di protezione, ricordano che abbiamo già navigato mari che nessuno ci avrebbe mai augurato. Anime antiche, amiche vere, nonni, nonne, fratelli e sorelle solidali che si tengono per mano con maestri e professori, costruendo ponti invisibili per accompagnare i nostri figli "oltre". Verso un nuovo traguardo.

Il traguardo. Quella parola oggi suona diversa per ognuno di noi. Per alcuni emana gioia, per altri liberazione, per altri ancora una sfumatura di tristezza, come se lo vedessero ancora distante perché hanno mancato un passo. Come quando alla fine dell'anno alcuni hanno la pagella piena di soddisfazioni, altri portano a casa qualche debito formativo.

E servono poco i discorsi su come ciascuno debba costruirsi sui propri passi, su quello che è, capace in ogni caso di passi da gigante. Ogni famiglia ha le sue materie preferite e quelle più difficili, i suoi traguardi, le sue "perdite". Quello che posso dire è che siamo riusciti a tenerci in poppa attraverso tempeste che sembravano volerci trascinare via. A tenere insieme i nostri ragazzi e a tenerci insieme noi. Come una classe che non si lascia mai, nemmeno dopo l'ultimo suono della campanella.Questo è già miracolo...

Così, oggi sono qui, con il cuore che batte forte per l'orgoglio e la commozione. Non per i risultati che otterranno agli esami - quelli sono solo numeri su un foglio, voti che non misurano il peso di un'anima. Sono fiera del coraggio quotidiano che i miei figli, i nostri figli, tirano fuori dal cilindro dell'esistenza. Della grinta con cui riconoscono le meraviglie che la vita gli ha donato, anche nascoste tra le pieghe del dolore.

Sono così fiera della loro sensibilità, di quella malinconia che già fa capolino pensando agli addii, delle preoccupazioni che portano con la serietà di chi ha imparato troppo presto che la vita non ha programmi ministeriali né verifiche programmate.

Ma torniamo agli essenziali: all'ABC. Stessa classe, sezioni diverse, caratteri unici, percorsi che si intrecciano e si separano come rami dello stesso albero. Ognuno speciale nella propria unicità, tutti uniti nella stessa radice, nello stesso sentire naturale.


Il voto più alto

A voi, boccioli del 2006, l'augurio di frequentare cerchi di leggerezza, con amici vecchi e nuovi ancora da scoprire. Osate alzare sempre la mano quando avete qualcosa da dire e ricordatevi di misurare le parole ma non il coraggio di esprimerle. Di inventare mille stratagemmi - non per ingannare professori o noi genitori - ma per coltivare quei legami profondi che sono il vero tesoro di ogni percorso. Come quando passavate i bigliettini sotto il banco, ma questa volta per condividere sogni, non solo risposte.

La vera scuola è la vita e tanti di voi ne hanno apprese già abbastanza di lezioni! Correte verso ogni incontro sperimentandolo come una prova di riconoscimento, perché ogni persona è uno specchio con cui può esser bello crescere.

E quando il mondo vi sembrerà troppo grande o troppo complicato, ricordate che avete già superato l'esame più importante: quello di rimanere umani, curiosi, coraggiosi, nonostante tutto. Il voto più alto lo avete già conquistato: quello del cuore che sa continuare ad amare.

Sono, siamo, così fieri di voi!

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©MargheritaPogliani 2019

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