top of page

Marina Calvillo: l'arte di rinascere

  • Immagine del redattore: Margherita Pogliani
    Margherita Pogliani
  • 11 mag
  • Tempo di lettura: 12 min

Ci sono persone che sembrano emanare luce dalle crepe che la vita ha inciso nella loro anima. Persone che illuminano e rivoluzionano il potenziale di parole così abusate che spesso ne dimentichiamo la sacralità: “mamma” è una di queste. Esser mamma è una rivoluzione. Una rivoluzione che merita di esser riletta nel senso astrologico - ed etimologico - del termine: il moto di un corpo celeste intorno al suo centro di gravitazione. La mia rivoluzione è durata oltre mezzo secolo, finché non sono stata sommersa da una marea di saggezza che si chiama Marina Calvillo.


"23 anni fa ho perso mio figlio quando aveva appena due mesi," mi confida con una serenità che inizialmente mi spiazza. La sua voce è calda, presente, priva di quel sottofondo di autocommiserazione che spesso accompagna il racconto delle tragedie personali. "È stato l'inizio del mio viaggio verso una comprensione più profonda dell'esistenza."

Grafoanalista, consulente Grafopedagogista, esperta in Costellazioni Familiari e master in Cristal Reiki, Marina oggi è una delle fondatrici di "Connessioni", un fenomeno che sta discretamente rivoluzionando il panorama olistico italiano. Un gruppo Facebook nato quasi per caso che in meno di un anno ha raggiunto oltre 8.500 membri, crescendo di circa 1.000 persone al mese.

Ma come spesso accade nelle storie più significative, l'inizio è stato segnato dal dolore più profondo.

"Il dolore non è solo un ostacolo da superare," mi spiega Marina mentre i suoi occhi sembrano guardare contemporaneamente dentro di sé e verso qualcosa che trascende l'immediato. "È una porta. Se hai il coraggio di attraversarla, ti mostra dimensioni dell'esistenza che non sapevi nemmeno esistessero."


Attraversare l'oscurità: il suo percorso di madre

Dopo la perdita del figlio Alessandro, Marina ha iniziato un percorso di esplorazione che l'ha portata prima al Reiki. "È stato 'l'assist principale' del mio percorso," racconta. "Il Reiki ti permette di fare autotrattamenti, di canalizzare l'energia universale. Ma soprattutto ti costringe ad ascoltarti veramente."

Le chiedo cosa significhi per lei ascoltarsi veramente. "Significa andare dentro," risponde con semplicità. "E non raccontarsela, perché se chiudi gli occhi e vai dentro, tante volte quello che ascolti non ti piace. È come i bambini piccoli che si tappano le orecchie per non sentire."

Durante un trattamento di Reiki di secondo livello, Marina ha avuto un'esperienza che definisce trasformativa: "Cominciai ad avere idee, come se qualcuno mi parlasse. Percepivo Alessandro non come un bambino di due mesi, ma come un ragazzo ventenne che mi diceva: 'L'abbiamo scelta insieme, ho scelto di venire al mondo in questa modalità, dovevo andare via subito ma all'ultimo momento ho deciso di rimanere per un certo tempo per creare un legame d'amore...'"

Mi racconta di come questa esperienza abbia creato in lei un profondo conflitto interno. "Da una parte c'era la mente razionale che diceva 'sei matta', dall'altra la pancia, l'intuizione, che percepiva queste risposte come autentiche."

Questo primo spiraglio – o "fessura che ha permesso alla luce di entrare", come la chiama lei – ha dato inizio a un percorso di studi e approfondimenti che l'ha portata ad esplorare discipline olistiche sempre più varie, tra cui le Costellazioni Familiari, arrivate più tardi attraverso l'incontro con un osteopata.


Mamma di se stessi: la rivoluzione della maternità

"Prima di essere madre di chiunque altro, ho dovuto imparare a essere mamma di me stessa," mi confida Marina mentre il nostro incontro si approfondisce. "È stata la lezione più difficile, ma anche la più preziosa."

Questa consapevolezza è arrivata attraverso anni di lavoro interiore, durante i quali Marina ha dovuto affrontare non solo il dolore della perdita, ma anche tutti i condizionamenti su cosa significasse essere una "buona madre".

"Nella nostra cultura, la maternità è spesso sinonimo di sacrificio, di abnegazione. Ti insegnano che una madre deve sempre mettere i figli al primo posto, anche a costo di perdere completamente se stessa," spiega con uno sguardo penetrante. "Ma ho scoperto che è esattamente il contrario. Solo quando impari ad amare, rispettare e nutrire te stessa, puoi davvero fare lo stesso con i tuoi figli."

Alcuni anni dopo la morte di Alessandro, Marina ha avuto un'altra figlia. Un'esperienza che le ha permesso di mettere in pratica questa nuova consapevolezza della maternità.

"Con mia figlia ho potuto creare una relazione completamente diversa, basata sull'autenticità, sull'amore reciproco, sulla responsabilità condivisa," racconta con occhi che si illuminano. "Non è stata una relazione simbiotica dove io ero 'tutto' per lei e lei era 'tutto' per me. È stata una danza di rispetto, in cui entrambe abbiamo potuto crescere come individui."

Questa nuova forma di maternità consapevole è diventata per Marina un emblema della possibilità di trasformare anche il ruolo più tradizionalmente definito dalla società. "Non si tratta di essere madri perfette, ma di essere autentiche. Di mostrare ai nostri figli che anche noi siamo esseri umani in evoluzione, con le nostre fragilità e i nostri errori."

Le sue parole risuonano in me, che come madre di tre gemelli adolescenti, ora monogenitore, sto imparando a riconoscere nel Scarlatto Fiammeggiante della loro passione e nel Verde Velo della loro saggezza innata i riflessi di un arcobaleno interiore in continua evoluzione.

"La vera maternità consapevole," continua Marina, "è come essere un albero solido con radici profonde, che offre riparo e nutrimento, ma permette anche ai propri figli di esplorare il mondo, di cadere e rialzarsi, di scoprire chi sono veramente."


Connessioni: una comunità che celebra ogni giorno

"Connessioni è nato quasi per caso," racconta Marina con un sorriso che le illumina il viso, "ma come tutto nella vita, nulla accade veramente per caso."

Mi spiega come lei, Paola Cavallero (specialista in ipnosi regressiva e allieva diretta di maestri come Brian Weiss e Gregg Braden) e Marco Giavina (operatore del suono vibrazionale) abbiano fondato questo gruppo di volontariato spirituale a partire da un'idea semplice ma potente.

"Connessioni è una pagina Facebook dedicata a streaming su temi olistici," mi racconta Marina con entusiasmo nella voce. "L'abbiamo creata insieme, io, Paola e Marco, perché crediamo fermamente nel potere del benessere olistico, che considera l'interconnessione tra mente, corpo e spirito. In un mondo sempre più frenetico e stressante, sentivamo l'esigenza di uno spazio dove poter condividere conoscenze, esperienze e supporto reciproco in un contesto inclusivo e stimolante."

Marina mi spiega che oggi il gruppo conta circa 8.000 follower e 70 operatori olistici che trasmettono in diretta, ciascuno due volte al mese, approfondimenti di un'ora con tecniche ed esercizi pratici.

"Il nostro obiettivo è aiutare le persone a stare meglio e diventare sempre più consapevoli delle meraviglie della vita," prosegue. "Vogliamo promuovere un benessere integrato, aiutando le persone a scoprire approcci diversi e complementari per migliorare la loro salute e qualità della vita. Crediamo che un equilibrio tra mente, corpo e spirito sia essenziale per un benessere duraturo."

Ciò che colpisce è la cura con cui hanno costruito questa comunità. "Abbiamo iniziato in 8-9 persone in Liguria. Da maggio a settembre dell'anno scorso abbiamo creato contenuti tra noi, come 'preparare una tavola imbandita prima di invitare gli ospiti'," racconta.

Questa metafora della "tavola imbandita" rivela molto dell'approccio di Marina – paziente, generoso, attento alla qualità piuttosto che alla quantità. Invece di lanciare immediatamente il gruppo al pubblico, hanno prima creato un nucleo solido di contenuti, di esperienze, di energia.

"Vogliamo creare connessioni autentiche," sottolinea Marina. "Un luogo dove le persone possano sentirsi parte di qualcosa di più grande, connettersi con altri che condividono gli stessi interessi e sostenersi a vicenda nel loro percorso di crescita personale."

La risposta è stata sorprendente. "Paola aveva mandato un messaggio su alcuni gruppi di operatori olistici, chiedendo se qualcuno volesse far parte attivamente di questo progetto," continua Marina. "Pensavamo di ricevere qualche decina di risposte. Ne sono arrivate 700."

Questo primo segnale che stavano toccando una corda profonda li ha sorpresi e commossi. Il 21 settembre hanno finalmente aperto il gruppo agli utenti, raggiungendo 1.000 membri in sole 24 ore.

"La nostra missione è aumentare la consapevolezza riguardo ai benefici di uno stile di vita olistico, mostrando come diverse pratiche possano integrarsi armoniosamente per migliorare il nostro benessere complessivo," conclude Marina con una convinzione che traspare da ogni parola.


La magia delle connessioni: festeggiare la vita ogni giorno

Il format di Connessioni è naturalmente generativo: ogni operatore si impegna a fare dirette Facebook a cadenza regolare, offrendo gratuitamente la propria competenza.

"Abbiamo un cabalista fantastico, Moshe Pitari, che dal settembre scorso fa live sul tema della cabala, creando un vero e proprio percorso strutturato. C'è Andrea Fredi che guida esercizi di tapping, Paride che si occupa delle campane tibetane e offre spazi meditativi meravigliosi."

Marina mi racconta con emozione di un commento sotto una diretta di Paride, dove un utente ha ringraziato il gruppo perché, durante un momento difficilissimo della sua vita, "finalmente ha trovato la quadra" grazie alle risorse offerte gratuitamente.

"Per me questo vale più di qualsiasi numero," commenta con gli occhi lucidi. "Se anche una sola persona trova supporto e risorse per stare meglio, abbiamo già vinto."

Ciò che colpisce del gruppo Connessioni è come sia cresciuto in modo completamente organico, senza alcuna strategia di marketing, solo attraverso il passaparola e la qualità autentica di ciò che viene offerto.

"Il gruppo è un organismo vivente," spiega Marina. "Cresce e si evolve in modo naturale, seguendo il flusso delle connessioni significative che si creano."

In un certo senso, Connessioni è diventato uno spazio dove si celebra la vita ogni giorno, non solo nelle ricorrenze tradizionali. "Non abbiamo bisogno di giorni speciali per festeggiare," dice Marina. "Ogni giorno in cui siamo presenti, consapevoli, autentici, è una celebrazione."

Questo approccio si riflette anche nel modo in cui il gruppo tratta le festività tradizionali, come la Festa della Mamma. "Invece di limitarci a celebrare il ruolo tradizionale materno, offriamo spazi per esplorare cosa significa veramente essere madri oggi – di altri, ma soprattutto di noi stessi."


La domanda rivoluzionaria: come ti senti?

Al centro dell'approccio di Marina c'è la domanda apparentemente banale ma profondamente rivoluzionaria che dovremmo sempre porci: "Come ti senti?"

"In un mondo che ci chiede costantemente 'cosa stai cercando?' o 'cosa vuoi ottenere?'," mi spiega, "questa semplice domanda è radicale. Perché parte da ciò che è, non da ciò che dovrebbe essere."

Questa inversione di prospettiva è alla base di tutto il progetto Connessioni. Invece di categorizzare le pratiche olistiche per tecniche o discipline, Marina e i suoi co-fondatori hanno creato un sistema che parte dagli stati emotivi.

"Ti senti disconnesso? Bloccato? In ansia? La consapevolezza di questi stati è il primo passo verso la trasformazione," spiega Marina. "Partire da come ci sentiamo, anziché da cosa vogliamo ottenere, cambia completamente il percorso."

E questa domanda – "come ti senti?" – è particolarmente potente nell'ambito della maternità. "Quante madri si permettono di chiedersi veramente come si sentono?" riflette Marina. "Siamo talmente condizionate a rispondere ai bisogni altrui che spesso perdiamo contatto con i nostri."


La maternità rinnovata: una celebrazione quotidiana

Marina mi confida che la relazione con sua figlia è diventata un laboratorio vivente di questa nuova forma di maternità consapevole. "Non è stato un percorso privo di sfide," ammette con onestà. "Ho dovuto disimparare molti dei condizionamenti che avevo interiorizzato su cosa significasse essere una 'buona madre'."

Attraverso la sua esperienza, Marina è diventata una luce guida per molte altre madri che cercano una forma più autentica di relazione con i propri figli. "Nel gruppo Connessioni, vedo sempre più donne che stanno cercando un modo diverso di essere madri – non perfette, non onnipotenti, ma presenti e autentiche."

Mi racconta di come le dirette Facebook dedicate al tema della genitorialità consapevole siano tra le più seguite. "C'è una fame di autenticità, di permesso di essere imperfette, di spazio per crescere insieme ai propri figli invece che solo per loro."

Per Marina, questa evoluzione del concetto di maternità è parte integrante di un cambiamento culturale più ampio. "La maternità può diventare un portale di trasformazione personale, non solo un ruolo sociale da interpretare," spiega. "Invece di limitarci a celebrare le madri un giorno all'anno, potremmo riconoscere e onorare il potere trasformativo della maternità ogni giorno."

E questo vale non solo per chi è madre biologicamente. "Siamo tutti chiamati a essere 'madri' in senso archetipico – a nutrire, a proteggere, a far crescere ciò che amiamo. In questo senso, la Festa della Mamma potrebbe essere una celebrazione universale dell'energia nutritiva che tutti possiamo incarnare."


La responsabilità come chiave della libertà

Un altro tema centrale nell'insegnamento di Marina è l'assunzione di responsabilità. "Il primo passo, la discriminante, è proprio quella: smettere di lamentarsi. Assumersi le proprie responsabilità, sempre."

Questo principio è particolarmente rilevante nella maternità. "Come madri, siamo abituate a sentirci responsabili di tutto ciò che riguarda i nostri figli. Ma c'è una differenza sottile tra il prendersi cura dei figli e il sentirsi responsabili della loro felicità o del loro successo."

Secondo Marina, la vera responsabilità materna sta nel creare uno spazio sicuro dove i figli possano esplorare, sbagliare, crescere. "Non possiamo vivere la vita per loro. Possiamo solo offrire presenza, amore, e a volte la saggezza che viene dalle nostre cicatrici."

"Accettare la responsabilità delle proprie scelte significa riconoscere il proprio potere," spiega. "Se io ho creato – anche inconsapevolmente – la mia realtà attuale, significa che ho il potere di cambiarla."

Questo principio si riflette anche nel modo in cui concepisce l'aiuto agli altri. "È importante aiutare nel vero senso della parola," sottolinea. "Non tirare fuori le persone dai loro problemi e portarle in braccio, ma dare loro gli strumenti per farcela da sole."


La vita come celebrazione: oltre le festività

Un aspetto affascinante dell'approccio di Marina e di Connessioni è la visione della vita come una celebrazione continua, che trascende le festività tradizionali.

"Ogni giorno è un'opportunità per festeggiare il miracolo dell'esistenza," afferma Marina. "Non abbiamo bisogno di ricorrenze specifiche per ricordarci di essere grati, di amare, di connetterci profondamente."

Questa filosofia si riflette nelle attività di Connessioni, dove ogni diretta, ogni condivisione, ogni scambio diventa un momento di celebrazione condivisa. "Non è necessario un compleanno o un anniversario per offrire un dono, per esprimere gratitudine, per riconoscere il valore dell'altro."

Marina racconta come questa visione abbia trasformato anche il suo modo di vivere la maternità. "Con mia figlia, non aspettiamo la Festa della Mamma per celebrare il nostro legame. Troviamo piccoli modi per onorare la nostra connessione ogni giorno – un messaggio inaspettato, una risata condivisa, un momento di vulnerabilità reciproca."

In questa prospettiva, la celebrazione diventa una pratica quotidiana, un modo di essere piuttosto che un evento occasionale. "Quando ogni incontro, ogni conversazione, ogni scambio è vissuto con presenza e gratitudine, tutta la vita diventa una festa."


L'eredità di un figlio: connessioni inimmaginabili

Prima di concludere la nostra conversazione, chiedo a Marina cosa pensa che suo figlio Alessandro penserebbe del suo percorso e di Connessioni. Si ferma un momento, gli occhi leggermente lucidi per la prima volta durante il nostro incontro.

"Credo che sarebbe fiero," risponde infine. "L'ho sentito dirmi che 'non è importante la meta ma il viaggio'. E questo viaggio, per quanto doloroso sia iniziato, mi ha portato a connessioni che non avrei mai immaginato possibili."

Mi racconta che, guardando indietro al suo percorso, vede chiaramente come ogni apparente deviazione, ogni dolore, ogni incontro l'abbia portata esattamente dove doveva essere. "Non esistono errori, solo lezioni. Non esistono coincidenze, solo sincronicità."

In un certo senso, tutta la vita di Marina è diventata una celebrazione trasformativa della breve esistenza di Alessandro. Non una commemorazione basata sul rimpianto, ma una continua scoperta di significato, una costante evoluzione che onora quella connessione profonda.

"Guarire non significa tornare come prima," mi dice mentre ci salutiamo. "Significa diventare qualcosa di nuovo, qualcosa di più ampio, qualcosa che include e trascende ciò che eravamo."

E forse è proprio questa la più grande lezione che possiamo trarre dalla storia di Marina e di Connessioni: che ogni giorno è un'opportunità per celebrare la vita in tutte le sue forme, per trasformare anche il dolore più profondo in connessioni significative, per essere madri di noi stessi e degli altri in modi sempre più autentici e liberatori.


La madre interiore: la mia rivoluzione della maternità

Mentre concludiamo le nostre chiacchiere, le parole di Marina continuano a risuonare dentro di me, illuminando una visione della maternità che ho sviluppato nel mio percorso personale e professionale.

"Giunti alla fase adulta," mi ha detto Marina con una saggezza che nasce dall'esperienza, "è fondamentale fare pace con il passato con gratitudine per poterci prendere cura delle nostre parti bambine, riconoscendo il potere di adesso, il qui e ora."

Questa semplice frase ha cristallizzato per me anni di riflessioni sul significato più profondo dell'essere madre – non solo verso gli altri, ma soprattutto verso se stessi.

Nel mio percorso come madre di tre gemelli, ora monogenitore, e come donna impegnata nella comunicazione che genera cambiamenti, ho scoperto che la vera rivoluzione della maternità inizia proprio qui: nel diventare madri di noi stessi, delle nostre parti più vulnerabili e bisognose.

Quando impariamo a prenderci cura della nostra parte bambina, ad abbracciarla nelle sue ferite, a nutrirla nei suoi bisogni insoddisfatti, compiamo forse il più importante atto di maternità. È solo allora che possiamo veramente essere presenti nel qui e ora, nel potere dell'adesso che Marina mi ha ricordato essere così essenziale.

E in questo vivere pienamente il presente, si apre un mondo di pura meraviglia. Una meraviglia che non è ingenua o superficiale, ma profonda e radicata, perché nasce dalla consapevolezza, dall'integrazione di tutte le parti di noi.

Questa meraviglia quotidiana alimenta e rende consistente la nostra gioia di vivere. E nutre quella capacità squisitamente femminile di dare alla luce e di prenderci cura di piccoli semi di cambia-menti – una prospettiva che ha sempre caratterizzato il mio approccio al mio lavoro e alla mia vita.

Vedo ora con chiarezza come la maternità si estenda ben oltre il biologico – abbracciando i figli che generiamo fisicamente, certo, ma anche progetti, sogni, creazioni, e quella bambina interiore che finalmente trova una madre amorevole dentro di noi.

La maternità diventa così non solo costruttiva ma profondamente generativa. Non si limita a costruire strutture esterne, ma genera vita vera, dentro e fuori di noi. Genera autenticità, connessione, evoluzione.

Mentre lascio Marina e ritorno alla mia vita quotidiana, porto con me questa visione della maternità come forza creativa universale, come capacità di nutrire la vita in tutte le sue forme. Una forza che trascende il biologico, che appartiene a tutti – uomini e donne – e che può esprimersi in infiniti modi creativi.

Ma soprattutto, porto con me la consapevolezza, rafforzata dalle parole di Marina, che per essere veramente madri – degli altri o di progetti nel mondo – dobbiamo prima diventare madri di noi stessi. Dobbiamo imparare a coltivare quella relazione intima e nutriente con tutte le parti di noi, specialmente quelle più vulnerabili e bisognose.

È un viaggio che continuo ogni giorno, un'avventura di riscoperta e rinascita continua, dove la meraviglia è sia il carburante che la destinazione. Un viaggio arricchito dalle connessioni significative che persone come Marina ci offrono, ricordandoci che non siamo soli in questo cammino verso una forma di maternità più autentica e liberatoria.

PS: consiglio le meditazioni di Marina che trovate sul suo album del gruppo Facebook "Connessioni", o contattate direttamente Marina Calvillo dalla sua pagina Alma Reiki. Un mondo di risorse gratuite per il benessere e la crescita personale vi aspetta.

Commentaires


©MargheritaPogliani 2019

  • White LinkedIn Icon
  • White Instagram Icon
  • White Facebook Icon
CONTACT

Per me è un vero piacere connetterci, conoscere nuove realtà, storie, persone.

Per co-creare insieme o anche solo per confrontarci in spensierata libertà.

E grazie, per avermi seguita fin qui

e per il contatto!

Thanks for submitting!

bottom of page