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  • Immagine del redattoreMargherita Pogliani

Happy growth mindset!

“Ma tu, che torta vuoi?”

“In che senso?

“Nel senso di che torta vuoi fare della tua vita: sei lì che impasti aggiungi, togli, mescoli e rimescoli ma alla fine che torta vuoi?”

Già, che torta voglio per questo compleanno che voglio interpretare come il primo giorno del resto della mia vita? Che torta voglio gustarmi dopo questi mesi e mesi e mesi così faticosi e sfidanti?


La vita mi ha donato una growth mindset”, come la definisce Carol Dweck, professoressa di Stanford. Una "mentalità di crescita" che spinge a credere nella possibilità di migliorarsi costantemente attraverso l'apprendimento e lo sforzo, attraverso l’allenamento e il coraggio di coltivare le proprie abilità.

Ripenso al “growth mindset” che mi ha sostenuta nel cercare e avere figli, portandomene miracolosamente tre in un colpo solo. Prima di loro volevo creare connessioni e la vita mi aveva offerto la direzione creativa del primo portale in Italia e se vado a ritroso la stessa scelta della facoltà fu dettata dalla volontà di allenarmi sulle tematiche tanto intangibili quanto agibili del pensiero filosofico. Lode: ne uscii sempre sazia di meraviglia e gratitudine, sazia di lode. Lode a me stessa, lode alla mia determinazione, lode a una forza che mi spinge ad agire, non a reagire, a stare anziché scappare. A guardare dritto in camera, soddisfatta di chi sono e degli anni che dimostro, come in questa foto.


Margherita Pogliani

Mi torna in mente la frase che un carissimo amico e collega scrisse sulla lavagna dietro la mia scrivania quando mi affidarono il progetto di Vogue.it: “You can never get more than what you ask”.

Era il 2009 e l’editore di Condé Nast mi aveva chiesto di portare cultura digitale in azienda partendo dalla figura apicale dell’allora Direttore di Vogue Italia: la domanda che mi assillava era come potevo io, piccolo e insignificante essere virtuale, gestire un progetto così ambizioso, così lussuoso? Allora l’attenzione si concentrò sulla prima parte della frase, su quel “never get more” che mi assillò per mesi. Una vera a propria scalata al successo, non chiesta ma richiesta da altri. Una sorta di “punizione” per la mia presunzione di voler trasformare il reale in virtuale. Una sfida in ogni senso, puntellata da quel senso battente di insicurezza, condito da sfiducia per paura di confrontarmi con critici molto più potenti di me. “Non riuscirò mai a costruire un progetto così ambizioso – pensai. Perché io? Perché mi chiedono di accompagnare la Divina Sozzani che non mi ha scelto e farà di tutto per ostacolarmi?”

Perché la vita già allora mi spronava ad andare oltre le credenze, a destreggiarmi con agilità tra emozioni contrastanti, a sviluppare pensieri laterali e a trovare il lato positivo. E – vi assicuro – c’è sempre un lato positivo, basta cercarlo, basta aver fiducia che ciò che accade serve a migliorarci, a farci crescere.


“You can never get more than what you ask”: rividi e ripensai a quella frase per anni, intuendo solo oggi che il valore che sta non tanto nella prima parte, quanto nella seconda: what you ask.

Così ora mi domando onestamente cosa voglio. Cosa voglio in questa fase della vita così dura e dolorosa? Voglio dolcezza, voglio ripartire dal dolce, da una torta che mi nutra profondamente, che appaghi voluttuosamente, che sazi di bontà. Ed è il montebianco. È sempre stato il montebianco, dacché ho modo di intendere e di volere, la mia torta di compleanno: castagne pelate, cotte nel latte con un pizzico di alloro e latte, poi schiacciate e passate al setaccio con poco zucchero, cacao e un goccio di Armagnac, ricoperte da una spumosa coltre di panna montata. Iperproteica, voluttuosa, naturalmente zuccherina: ecco come voglio festeggiare la mia vita. Un godurioso montebianco, da condividere con chi amo, senza esclusioni di glutine o grassi, nella gioia di un momento altamente calorico da trascorrere insieme, assaporarne ogni singolo boccone in uno stato di pura beatitudine.


Perché questa esternazione? Perché oggi suona come la metafora della mia esistenza, l’ammissione di una debolezza che trasformo in piacere, la scelta consapevole di un piatto che adoro, di cui ho già tutti gli ingredienti: ho arato il terreno e piantato i semi, sono già cresciuti i primi virgulti e comparsi i ricci che celano al loro interno frutti straordinari. Ho coltivato relazioni, innaffiato progetti, potato rami morti. Ho atteso con pazienza, senza mai perdere la speranza. Ora ho davanti tanti – credetemi - tanti ricci che pungono e feriscono ma so che lo fanno perché custodiscono piccoli tesori. Aprirli ed estrarne il cuore non è banale, richiede agilità e, ammetto, una buona dose di spirito di sacrificio. Ma già ne pregusto il sapore, ne ammiro l’unicità. E questo mi da l’energia per andare avanti, per estrarre una castagna alla volta, per attendere che cuocia a puntino, per passarla al setaccio e finalmente unirla ad altri ingredienti che la trasformeranno in un dolce da urlo.

Non posso togliere le castagne di altri dal fuoco, mi sta insegnando la vita. Ma posso dar valore alle mie, impedendo che marciscano, permettendo loro di esprimersi al meglio.

Ecco perché oggi sono felice di portare in tavola il mio montebianco, anticipazione di un progetto che vale una vita, ricco di ingredienti buoni, selezionati e lavorati con cura.

L’ho chiamato Positivagility, questo originale mix di scoperte neuroscientifiche, esperienze coinvolgenti e viaggi stra-ordinari per allenare la nostra agilità emotiva e trasformarla in positiva. Una curation di contenuti che esploro da decenni, un insieme di buone pratiche su cui mi alleno da anni, una montagna di iniziative e intenzioni maturate in questi mesi e la promessa, oggi, che voglio fare in primis a me stessa: goditi il resto della tua vita con coraggio, lasciando agire il cuore e l’anima.

Perché sono andata oltre il dolore, oltre le minacce suicidarie, oltre il senso di impotenza di fronte alla sofferenza altrui. Sono andata alla radice, alla mia radice, riconoscendo tante voci che mi hanno spesso guidata: la vittima, la sognatrice, Cenerentola, Madre Teresa, Giovanna d’Arco, Wonder Woman, Grace Kelly, Malefica, Trilly, la Fata, la Strega. Le ringrazio, ringrazio ciascuna di loro, ma alla mia veneranda età penso sia giunto il momento di invitarle a festa e riconoscermi festeggiata. In fondo, ognuno ha la sua torta, ognuno la sua parte in questa grande scena, come canta la mia Combattente preferita.


Sono questi i vuoti d'aria Questi vuoti di felicità Queste assurde convinzioni Tutte queste distrazioni A farci perdere
Sono come buchi neri Questi buchi nei pensieri Si fa finta di niente Lo facciamo da sempre Ci si dimentica
Che ognuno ha la sua parte in questa grande scena Ognuno ha i suoi diritti Ognuno ha la sua schiena Per sopportare il peso di ogni scelta Il peso di ogni passo Il peso del coraggio
E ho capito che non sempre il tempo cura le ferite Che sono sempre meno le persone amiche Che non esiste resa senza pentimento Che quello che mi aspetto è solo quello che pretendo E ho imparato ad accettare che gli affetti tradiscono Che gli amori anche i più grandi poi finiscono Che non c'è niente di sbagliato in un perdono Che se non sbaglio non capisco io chi sono
Sono queste devozioni Queste manie di superiorità C'è chi fa ancora la guerra Chi non conosce vergogna Chi si dimentica
Che ognuno ha la sua parte in questa grande scena Che ognuno ha i suoi diritti e ognuno ha la sua schiena Per sopportare il peso di ogni scelta Il peso di ogni passo Il peso del coraggio
E ho capito che non serve il tempo alle ferite Che sono sempre meno le persone unite Che non esiste azione senza conseguenza Chi ha torto e chi ha ragione quando un bambino muore
E allora stiamo ancora zitti perché così ci preferiscono Tutti zitti come cani che obbediscono Ci vorrebbe più rispetto Ci vorrebbe più attenzione Se si parla della vita Se parliamo di persone
Siamo il silenzio che resta dopo le parole Siamo la voce che può arrivare dove vuole Siamo il confine della nostra libertà Siamo noi l'umanità Siamo il diritto di cambiare tutto e di ricominciare Ricominciare
Ognuno gioca la sua parte in questa grande scena Ognuno ha i suoi diritti Ognuno ha la sua schiena Per sopportare il peso di ogni scelta Il peso di ogni passo Il peso del coraggio Il peso del coraggio (Fiorella Mannoia, Il peso del Coraggio)

Siamo il diritto di cambiare tutto e di ricominciare, sì, ricominciare con un Monte Bianco. Ricominciare dal dolce. Senza vergogna, anzi, affamati di entusiasmo.

Grazie, peso del coraggio, per avermi gravata a tal punto da riconoscere la tua potenza. Grazie, vita, che mi chiedi sempre più affinché io stessa impari a chiedere.

Grazie, famigliari e amici stra-ordinari, nessuno si senta escluso da questa grande scena, da questo grande Monte Bianco che prestissimo vi inviterò a gustare con me.


PS: mentre scrivo saltella sul mio terrazzo un pettirosso, “Simbolo della vita che resiste all'inverno, di rinascita e di rinnovamento. Il pettirosso porta con sé speranza, ottimismo, buoni auspici per il tempo che verrà.”

Così sia. Eternamente grata. Eternamente in crescita.

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