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Immagine del redattoreMargherita Pogliani

Fuerte PopCorn


“15 anni quasi 16 è la più bella età, per imparare come baciare e quando dovrai baciar…” (dal film Tutti Insieme Appassionatamente)


Viola, Francesco, Leonardo, “Quelle forte aventure” siete!

Auguri per questi ultimi giorni di 15 anni, quasi 16. E ricordate che è la più bella età, per imparar come baciar, anche un buon popcorn!


Già li sento: “Mamma, evapora!”

Evapora, che espressione geniale! Rende perfettamente il desiderio dei nostri figli di dematerializzarci, farci scomparire così, con un semplice sospiro.

Io ho reagito a questo comando cogliendolo una decina di giorni fa letteralmente al volo: sono evaporata su un’isola deserta, Fuerteventura. Deserta vera, da forte avventura: il primo impatto è stato straniante, una distesa di terra e sabbia, non una pianta. Mi sono sentita catapultata sulla Luna, una luna rossa e nera, un braciere senza scampo. Non vedevo via di scampo.

Quante volte l’abbiamo pensato riferito ai nostri figli? Io dal giorno zero, perché quando mi è stato detto che erano 3 embrioni senza statistica di sopravvivenza ho pensato: “Non vedo via di scampo… E quindi mi butto e ci provo”. Ci ho provato con fiducia e incoscienza, con gioia e leggerezza, finché non mi sono ritrovata tra incubatrici e culle termiche a sfiorare quelle manine minuscole: erano calde, profumavano di vita, con la morbidezza dell’incanto. Erano perfette, loro erano perfetti. Prematuri e perfetti.

Sono già passati 16 anni, eppure mi sembra ieri. Tre miniature di neonati con tutto il potenziale per diventare chi sono oggi, chi saranno domani. Franci, con la sua sensibilità e intelligenza; Leo con la sua grinta e acume; Viola con la sua indipendenza e bellezza. Avevano già in fieri le principali qualità che oggi li distinguono, anche se non se le autorizzano.


E noi ci autorizziamo i nostri talenti o li usiamo solo come merce di scambio?

Lo domando perché alla vigilia del compleanno della tripletta penso sia ora di restituirgli i talenti che gli appartengono e la libertà di investirli dove, quando e come vorranno.

“Vai via…” mi urlerebbero. E hanno anche ragione: è tempo di andare e lasciarli sperimentare.

È tempo di una boccata di ossigeno, per darlo poi anche a loro, nel caso servisse, come in aereo.

È ora di volare via, perché parliamone, non siamo radar sempre all’erta, non possiamo tenere tutto sotto controllo come rigide torri che trattengono il respiro.

Certo, desideriamo il loro meglio ma, forse, è bene ammettere che gli diamo il peggio perché reagiamo alla loro adolescenza, invece di stare con la loro adolescenza.

Non sostengo sia un'eta facile, anzi, ma l’adolescente non è un'età. È etimologicamente una persona che si sta nutrendo, così come l’adulto - dal participio passato della stessa radice - è colui che si è nutrito.


E allora parliamone dei nutrimenti che cercano questi ragazzi: cercano un cibo comune, di cui troppo spesso ignoriamo la potenza: inizia anche lui con P e finisce con A. Non è pazzia, non è paura. Non è parola, non è persona. È pura possibilità.

Possibilità di andare oltre quei silenzi tesi, quelle porte chiuse, quell’incapacità a sentirsi, non solo a comprendersi.

Possibilità di uscire da quell’isolamento che brucia come lava incandescente ma spaventa tanto da non lasciarla eruttare.

Possibilità di lenire quella sofferenza pervasiva, quasi dovessimo noi e loro espiare colpe di generazioni e generazioni. Perché l’adolescenza devasta loro. Ma anche noi. Altro che nutrimento...

E, allora parliamone, perché siamo tutti, chi più, chi meno, sulla stessa barca.

Una barca che sembra puntare verso un’isola deserta, tagliente, respingente.


La vedete là davanti, tra le onde? Bruciata, inospitale, disidratata, vuota. E, invece, appena si approda un’aria tiepida, un profumo che accarezza l’anima, uno spazio infinito accolgono con gentilezza.

Dicono che si ama o si odia Fuerteventura. Io l’ho amata. Di più: mi ci sono nutrita, scoprendomi davanti a uno specchio a strizzarmi l’occhio come vedessi una nuova me.

Perché questa terra così femminile, riarsa dal sole, sostenuta dagli alisei, potente come solo uno spirito indomito può essere, mi ha permesso di (ri)scoprire la mia energia. Un’energia rinnovabile: la serendipità, la capacità di stare nel presente e cogliere qualcosa di valore o di piacevole quando meno ce lo aspettiamo.

Fuerteventura è pura serendipity: ha il vento che accarezza l’anima, è densa ed elastica come il collagene dell’aloe, è vulcanica e magica, perennemente in trasformazione, come la luce del mare che fermo non riesce a stare.

È energia potente, che sgorga dalle viscere, come il magma che ribolle sotto la superficie. Fuerteventura è energia dalle molteplici sfumature: dall’alba al tramonto, dal perlaceo al turchese.


E io… io, che ero concentrata a dar la vita, anziché “alla vita”, io che correvo senza tregua, non mi rendevo conto che avevo bisogno di fermarmi. Io che cercavo di respirare, vivevo in apnea.

Pensavo di aver necessità di una ricarica e ho compreso che è già l'abbiamo in potenza già in pancia.

Una potentissima energia femminile da (ri)attivare ed espandere, serenamente, andando oltre qualsiasi conflitto, qualsiasi “Ma io…”. A Fuerteventura non esistono "Ma...". Esistono opportunità di (ri)scoprirsi.

Fuerteventura mi ha accolta nella sua serendipità con l’abbraccio di Sara, sorella d’anima e di cuore (nonché anche lei mamma di due splendide twin, teen ancora per poco).

Sara mi ha accolta a Villa Turquesa. Villa Turquesa Fuerteventura.

Sara mi ha condiviso la sua energia, il suo Pantone, perché tra le infinite qualità che ha intuito che Fuerteventura è turchese, ben prima di scoprore che è proprio quello il colore dell'isola.

Turchese come l’oceano che lambisce spiagge color miele, ricordandoci che si può. Ci si può sentire in Paradiso anche (se non soprattutto!) su un’isola totalmente deserta, tanto che Cristoforo Colombo non volle mai approdarvi. Ci si può innamorare del clima, definito dall’Unesco come “il migliore al mondo” anche se arrivando si teme di evaporare realmente. Si può correre a perdita d’occhio su dune di sabbia candida per esser poi protette in nidi di roccia rossa e nera ad ammirare il turchese intenso del mare, che evoca quello della pietra, non a caso amuleto protettivo, in grado di aumentare l'energia e stimolare la crescita.


Ha dell'incredibile, eppure là tutto diventa credibile. Fuerteventura è una forte avventura non nel senso di sopravvivenza ma di rinascita.

Partire sembra facile ma non è scontato, perché prima di respirare Fuerte è necessario lasciar andare pensieri e credenze limitanti e partire con un bagaglio a mano: l’essenziale per coprirsi la sera e perdersi tra le stelle. O per camminare intorno ai “calderon”.

Per il resto basta solo un costume, gettando via le maschere: tutto è talmente chiaro e terso che si vede in profondità. Non solo mante, delfini, balenottere. No… Si vede in profondità dentro di noi, scoprendo che è tempo di fare pace con le nostre parti, i nostri vissuti, le nostre emozioni, per intuire la possibilità di trasformarci, come popcorn. Sì, popcorn che da chicchi duri, imprigionati tra strati protettivi che rendono il seme incapace di aprirsi, con il calore si trasformano, si espandono, diventano unici, candidi e morbidi.


Questa è la nostra forza femminile: la capacità di trasformarci e trasformare, con quella serendipità che ci spinge a “covare” per mesi una o più creature dentro di noi.

La serendipità del popcorn: trasformarsi per lasciarli liberi di trasformarsi ed esprimere la loro unicità. Penso ai figli, ma anche ai progetti, alle relazioni, ai talenti.

Trasformarci per ritrovarci con occhi nuovi e respiro espanso, leggero, fiducioso.

Perché si può sempre cambiare. Sempre. Anche se ci si sente coralli, chiuse nelle nostre corazze.

Si può sempre guardarsi con occhi nuovi e aprire i pori, scoprendo che abbiamo infinite possibilità inaspettate per convivere in pace, proprio come i popcorn corallini della spiaggia di Corallejo: un incanto che va oltre qualsiasi immaginazione.

Leggo che “il corallo è costituito da comunità di piccoli polipi che costruiscono, alla base del proprio corpo molle, uno scheletro di carbonato di calcio con funzione protettiva e di sostegno. I polipi crescono uno accanto all’altro, cosicché le secrezioni di calcare si fondono tra loro e si stratificano, arrivando a formare le barriere coralline, come quella delle Canarie. In situazioni avverse i polipi rilasciano in mare milioni di spermatozoi e uova in sincronia, durante l’alta marea. Accade a un solo uovo su dieci milioni d’essere fecondato: si origina un embrione che, trasportato dalle correnti, va a fissarsi su una roccia e comincia a dividersi, dando origine a una nuova colonia”.


Mi piacere immaginare i miei tre “polipetti” come potenziale origine di nuove colonie.

Dicono accada a una donna su circa un milione e mezzo di generare da due embrioni tre gemelli, due monozigoti e una etero. A me è accaduto e non sarò mai abbastanza riconoscente della fortuna che ho avuto, dell'entusiasmo che mi hanno dato, della crescita che siamo facendo, giorno per giorno uno accanto all'altro. Non è facile, ma è possibile.

È possibile farsi "presente e indipendente".

È possibile andare e lasciar andare accettando le fatalità benevole che il destino ci porta a riva.

È possibile “solucionar” (che verbo incredibile!) i problemi come progetti, starsi vicini rispettando gli spazi.


Ai nostri figli, quindi - a tutti i nostri figli, reali e ideali - l'augurio di espandersi come popcorn, trovando ciascuno la sua forma, il suo luogo, la sua meraviglia. È in noi, serve solo un po' di calor.

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