Siamo sincere: vogliamo essere donne, più che esser riconosciute tali.
Vogliamo fatti, più che fiori. Vogliamo ponti, non fossati.
Vogliamo bontà, non buonismo.
Vogliamo le stelle; la luna la lasciamo a chi non ha il coraggio di sognare.
Vogliamo ascolto, non parole al vento.
Vogliamo scavare tane, non trincee.
Vogliamo andare in pace in ogni angolo del pianeta.
Vogliamo conoscerci in profondità, perché lì ci sono le sorgive e le radici.
Vogliamo bellezza, in ogni senso, con ogni senso.
Siamo infinite sfumature, infinite emozioni.
Siamo morbide, ma non incassiamo tutti i colpi.
Siamo uterine e non invidiamo altri attributi.
Siamo generatrici, non incubatrici.
Siamo fragili, ma teniamo duro.
“Siamo così, È difficile spiegare Certe giornate amare, lascia stare Tanto ci potrai trovare qui Con le nostre notti bianche Ma non saremo stanche neanche quando Ti diremo ancora un altro sì”
Spero che Fiorella Mannoia canti (anche) stasera Quello che le donne non dicono e Sally e Combattente e Solo una figlia e Padroni di tutto e di niente facendo suonare dentro di noi molte più emozioni di quelle che pensiamo di avere. È un 8 marzo che mi emoziona, questo: tra una pandemia e una guerra ingiustificabile, mi sfida a urlare: “Basta!” Basta celebrazioni che lasciano il tempo che trovano, basta differenziazioni, basta con le follie dell’uomo, basta con le giustificazioni, le aspettative, le battaglie, le pretestuose pretese di dimostrare un potere che non esiste, perché l’unico che abbia un senso, oggi, è quello femminile inteso come forma verbale e non sostantivo maschile. Fiori di tutti i colori vorrei veder cadere dal cielo, oggi, altro che bombe e sentenze. Mimose, tulipani, ranuncoli, genziane, stelle alpine, gigli, iris, peonie…
Sopra tutti una Margherita e una Viola, perché insieme a mia mamma, sono le due persone che più mi hanno e mi stanno insegnando a esser donna. Una nonna e una figlia. Due fiori al centro di ricordi, pulsanti e toccanti, ancore d’esperienza, tra sentimenti da riscoprire e sogni da svelare. Una Margherita e una Viola in un bouquet di muse che che ogni giorno incontro, ammiro e ringrazio, perché mi insegnano il valore di essere donna.
Ogni emozione mi attraversa il respiro E rido di gioia oppure senza motivo Convinta che alla fine tutto torna Con il peso e la bellezza di imparare Ad essere una donna
Imparare a essere una donna è un invito che oggi estendo a chiunque voglia (a)coglierlo, senza limiti di genere e d’età. Perché oggi tutti, ma proprio tutti, dovremmo imparare a essere parte attiva, non spettatori né arbitri, di quella grande opportunità che è la Vita. Senza voler castrare nessuno, credo che tutti noi possiamo imparare a esser donna, tutti possiamo diventare parte attiva nel dare vita alla pace. Dentro e fuori di noi, concederci lacrime di rabbia e commozione. Guardiamoci intorno: senza andare lontano troppe anime vorrebbero sparire davanti ai conflitti più o meno vicini che le devastano. Perché la guerra inizia da noi, da io e te, da lui e lei, da una dualità che soffoca ogni barlume di sensibilità. Perché il confronto governa le nostre vite tese ai risultati, alle mancanze, all’attacco, non alle possibilità, alle presenze, alla protezione.
Come canta Fiorella, “tutto torna”: giusto ieri, leggendo l’Ultimo Banco di Alessandro d’Avenia ho rialzato la testa con l’urgenza e la determinazione di attivarmi per far crescere in pace il senso della vita. “In Italia – scrive il Professore - il suicidio è (dopo gli incidenti stradali) la seconda causa di morte nella fascia 10-24: si tolgono la vita quattro giovani alla settimana. Se negli ultimi anni i suicidi sono diminuiti, tra i giovanissimi sono però enormemente aumentati i comportamenti suicidi: autolesionismo, ritiro sociale e tentativi di togliersi la vita (ignorando dipendenze e disturbi con esiti letali). (…). Questi dati precedono la pandemia che non ne è la causa, ma che ha peggiorato l’esistente, soprattutto con la chiusura delle scuole: ansia e depressione sono raddoppiate (1 adolescente su 4 ha sintomi depressivi e 1 su 5 disturbi d’ansia). Sul suicidio e i suoi sintomi c’è una rimozione collettiva. Che cosa possiamo fare? (…) Serve una «autorevolezza della vita» (far crescere) che renda «autori della vita». Per vivere bisogna crescere e non funzionare, educare non è «far funzionare» in base a canoni esterni (basati sul sei giusto/sbagliato) ma «far crescere» dall’interno (ti metto in condizione di scegliere liberamente tra ciò che ti fa crescere e ciò che ti fa regredire, perché crescere è compito tuo), come un giardiniere fa con i semi: «autorizza» chi ha già in sé tutta la vita, non è lui che la (im-)pone ai semi né la lascia al caso, ma le permette di crescere. Solo un’educazione autorevole, cioè che mette in condizione di crescere, rende prima «liberi» e poi «autori» della vita, permettendo «fioriture» e non «tagli».”
Non tagliamoci fuori. Torniamo agli essenziali conservando e facendo crescere i semi dell’esser donna. Riconosciamo nell’eterno “femminino che ci tira in alto” - di faustiana memoria - la vita, l’energia, la sensibilità, la pace, la curiosità e l’intelligenza che ci abilitano ad abitare ogni singolo universo dentro di noi, prima di occupare lo spazio vicino. Possiamo respingere con coraggio chi ancora crede che il potere si conquista e non si agisca. Dobbiamo e possiamo proteggere e nutrire quei fiori di pace al femminile, universale, che sbocciano in tutti noi: con l’impegno a imparare sempre qualcosa, esprimendo quell’eterno sguardo da donna, in un gesto, un tono motivante, un semplice sorriso verso chi sta crescendo in pace, con noi.
Buona festa della donna, oggi e sempre a tutti, in primis a mia figlia, a mia mamma, a mia sorella, alle cugine, cognate, amiche, conosciute e chi ho ancora da incontrare. Con un grazie speciale a tutti quegli uomini che vivono anche il loro lato femminile, imparando e attestando ogni giorno il valore di esser donna.
Brava Margherita per la determinazione di attivarti per far crescere in pace il senso della vita: anch'io sono rimasto molto colpito leggendo l’Ultimo Banco di Alessandro d’Avenia sul Corriere di ieri.
Papà