“Carpe Diem. Cogliete l'attimo, ragazzi. Rendete straordinarie le vostre vite.
Dei due sentieri scelsi il meno battuto per non scoprire in punto di morte che non ero vissuto”.
L’invito del prof. Keating ne L’attimo fuggente, riecheggia oggi ritmato dalle campanelle delle scuole.
Carpe diem scrissi dopo un mese di IV ginnasio a lettere cubitali affianco al mio letto. Avevo all’età dei gemelli: 14 anni. Beata gioventù...
Carpe diem, allora, sottendeva per me l’autorizzazione a osare, a lasciarmi andare, a vivere con entusiasmo, a cogliere le opportunità, a sognare tacendo pensieri doveristici. Significava esistere senza giudizi, maschere, barriere, limitazioni.
Da adolescente ho trasformato “Vivi l'attimo” nel coraggio di andare oltre l’ordinario, stimando di poco conto tutto quanto era quotidianità e normalità.
Oggi rileggo le parole di Ovidio nel loro profondo significato: il verbo «carpio» esprime nel senso agricolo l’atto di cogliere, raccogliere, prendere un frutto, un fiore.
Saper vivere, per Orazio, significava essere consapevoli dei limiti della nostra natura umana ed essere in grado di allungare la mano per cogliere, strappare via dalla fuga del tempo, il bel fiore, il bel frutto, che possiamo trovare nel momento presente della nostra esistenza.
Come scriveva Eckhart Tolle ne Il potere di adesso: “Più siamo concentrati sul tempo (passato e futuro), più ci sfugge l’adesso, la cosa più preziosa che esista. Perché è la cosa più preziosa? In primo luogo, perché è l’unica cosa. È tutto ciò che esiste”. Ora è un eterno momento, inafferrabile, poiché un attimo prima è passato e un attimo dopo non c’è ancora.
Solo sganciandoci dalla nostra mente, sempre proiettata nel passato (con emozioni di paura legata al passato) o nel futuro (con carichi di ansia non indifferente), possiamo vivere, hic et nunc, la nostra vera natura e comprendere che è l’unico momento per scoprire chi siamo veramente e chi vogliamo essere.
Carpe diem, oggi, lo vivo quindi come l’urgenza di stare nel presente, di percepire il qui e ora, la responsabilità di sentire il respiro e l’abilità di cogliere un insegnamento in ogni cosa che mi accade.
Per questo auguro “Carpe diem” ai miei figli e a tutti i giovani. Perché, a prescindere dal banco a rotelle, fisso in aula o a casa, da mascherine, sensi unici, temperature, disinfettanti e sguardi che devono trasmettere un mondo di emozioni, stiano “qui e ora” senza giudizi, in primis su se stessi.
Carpe hic et nunc, ragazzi. Godetevi ogni attimo, volate liberi, cogliete le emozioni, prendete spunto, acchiappate ciò che di buono vi verrà trasmesso, raccogliete tutta la gioia di vivere che avete e fatene tesoro. Occupatevi, non pre-occupatevi. Tagliate le catene dei condizionamenti, costruite il vostro presente, perché niente e nessuno potrà mai limitarvelo.
Io sono sempre qui ad accogliervi, a sostenervi, a commuovermi per ogni vittoria e sconfitta.
Sono sempre presente per voi.
Buon (r)inizio. Qui e ora.
Buona presenza, ricordando come diceva Göethe:
Qualunque cosa tu possa fare, qualunque sogno tu possa sognare, comincia ora
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