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  • Immagine del redattoreMargherita Pogliani

Belle vere

Aggiornamento: 16 mar 2022

Il suo colore è lilla, pallido e profondo. Un lilla femminile come la cura, l’emotività, la disponibilità e il nutrimento. Dolce come il fiore da cui prende il nome, la leggera sfumatura rosata sulle punte dei lillà rappresenta nella psicologia dei colori l'immaturità e l'indecisione con l'espressione delle emozioni o della personalità che diventa più importante delle opinioni della gente. Insomma, per "Belle vere".

Lilla è il fiocco simbolo di sensibilizzazione verso i Disturbi del Comportamento Alimentare che oggi celebra la sua XI edizione. I dati lasciano, sinceramente, a bocca aperta, peggio di un urlo di Munch: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, anoressia e bulimia (inclusi vomiting, dronkolessia, ortoressia) sono la prima causa di morte per malattia tra i 12 e i 25 anni, con grande diffusione anche tra i maschi che fino a dieci anni fa sembravano “indenni”.

Indenni? Indenni a cosa? A una patologia che evitiamo ancora come la peste? A un bisogno troppo grande per contenerlo? Alla ricerca di un “colpevole” che ci porta fuori strada?

Ho toccato con mano il dolore che scava la pelle, imparando che potevo solo dare una mano, una mano colma di possibilità, nel senso femminile: “Ho fiducia in te: tu puoi”. “Tu puoi accettare e rispettare il tuo corpo per come è”: la rivoluzionaria scelta di Vogue Italia, il mensile da sempre punto di riferimento per la moda e lo stile nel mondo, anticipò di un paio d’anni il Fiocchetto Lilla.

Il mondo della moda faceva spazio a tutte le donne, indipendentemente dalla forma, razza, stile. Fine 2009: “Voglio anche un canale Curvy…”

“Non capisco…”

“Curvy: un canale con donne morbide, capaci di accettare e rispettare il proprio corpo per come è”. Immaginai che per qualche strano sortilegio la mia temuta Diavolo veste Prada si fosse trasformata nella Fata Turchina di Cenerentola: Franca Sozzani voleva “Belle vere” non per una copertina d’effetto ma per un canale duraturo. La regina dei fashion show mi stava chiedendo di aggiungere al progetto del suo magazine online un canale per “tutte quelle donne, e sono tantissime, che intendono la bellezza come qualcosa di molto più articolato e genuino rispetto a una mera questione di taglie”.

(Credits Vogue Italia, Giugno 2011. Photos by Steven Meisel)


Non restò una mera questione isolata: un anno dopo la regina dell'editoria italiana lanciò nel suo blog su Vogue.it una raccolta di firme contro i siti "pro ana" che promuovevano l'anoressia. E scrisse: “Dopo che per anni la moda è stata accusata di essere la causa principale nei disturbi del comportamento alimentare per le ragazze di tutto il mondo, oggi il vero colpevole sembra essere Facebook (…). Negli anni 70 la colpa era solo dei genitori e solo più tardi si è cominciato ad incolpare la moda in quanto propone modelle magre. (…) Questo è un impegno sociale vero e penso che se si vuole fare qualcosa per questi giovani, non si risolve il problema, incolpando un social network, ma mobilitandosi per chiudere questi siti e blog. E sono sicura che già usando Facebook in modo positivo, diffondendo ognuno di voi la volontà di aiutare chi è più debole, si possa attirare l'attenzione su un argomento così tragico e fonte di tanti dolori.”


Usare lo spazio di Internet in modo positivo, costruttivo: Franca Sozzani è sempre stata una visionaria e coraggiosa direttrice di cambia-menti, come l’altra mia grande “mentore”, Maria Cristina Koch, così simili per intelligenza, eleganza e carisma.

“La vera domanda – mi ha condiviso poco fa – potrebbe essere: a cosa servono i disturbi alimentari?

Perché sono costretta a pensare che il corpo sia il mio unico spazio?

Come posso esprimere diversamente il mio bisogno di controllo e trasgressione?

Esistono altri strumenti e strade più “economici e sostenibili” per far sì che l’altro possa avere anche un diverso spazio in cui si senta libero di intervenire?

Se io sentissi e l’altro sentisse di potere, sarebbe ancora necessario restringersi sul proprio corpo?

Può essere che la persona con disturbi alimentari si senta sostanzialmente impotente: posso quindi restituirle il potere di controllare altri spazi al posto mio, dando un senso e rendendo significativo il tempo dell’altro.

Parto dall’idea che nessuno sia cretino e l’altro abbia sempre ragione; forse non ha scelto la strada più economica o sostenibile per manifestarla, ma ha diritto di poter trasformare la propria fragilità in talento, girando il sentire in modo vantaggioso. Spesso sottovalutiamo o non ci rendiamo conto di cosa l’altro ci stia dicendo. E di come noi stiamo reagendo. Dobbiamo cambiare registro: inventare con l’energia femminile una formula di convivenza che sia più conveniente della guerra. Fare pace, fare un patto per alleggerire il disagio dal valore emotivo, trasformandolo in qualcosa che dia rango e significato alto a ciò che sta nutrendo, affinché l’altro abbia un’alternativa e torni a brillare constatando che può. Che si possono trovare altri spazi”.


Penso ci siano poche esperienze così spaventose come una diagnosi di disturbi alimentari. Non sono capricci o indicatori di personalità egocentriche e manipolatrici. Sono la punta di un iceberg, un sintomo, molto serio, che accompagna ed esprime un problema profondo.

Non serve incitare a "Pensare positivo". Serve imparare a “Fare positivo”.

Il mondo ci spinge a gestire le nostre emozioni difficili fingendo positività, mettendole da parte o addirittura bandendole dalla nostra vita. Il dolore deve essere superato. L'ansia deve essere sconfitta. La paura deve essere conquistata.

La negazione della paura è persino incorporata nel nostro linguaggio, dove "senza paura" è usato come sinonimo di coraggioso. Se ti senti impaurito, ti incoraggio a capovolgere il copione.

Il coraggio non è l'assenza di paura. Il coraggio è la paura che cammina. Forse la domanda potrebbe diventare: quale è lo spazio della paura?

Quando guardiamo la paura a testa alta, possiamo iniziare a svuotarla del suo potere. Cessa di essere qualcosa di indicibile e comincia ad essere qualcosa che possiamo scegliere dove direzionare. Riducendo il disturbo. Rimettendo l’alimentazione al suo posto e sentendoci libere di essere “Belle vere”.

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