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  • Immagine del redattoreMargherita Pogliani

Aloha, Capelvenere

È sbocciato così: inaspettato, delicato, riservato. Come un sorriso inatteso, un contatto di cuore. Come un amore sospeso, che non fiorendo forse esprime ancor più la sua magia. È sbocciato così un capelvenere tra i vecchi mattoni del mio giardino, come volesse ricordarmi l’importanza di perdonare, ringraziare, amare. O, meglio, di perdonarsi, ringraziarsi, amarsi. Perché il capelvenere per me rappresenta lo spirito dell’Ho’oponopono, lo spirito di Maui: intimo, riservato, resistente, ancestrale.

Uno spirito che ama stare nell’ombra e ossigena le grotte più buie. Uno spirito mitologico, come i capelli di Venere da cui narrano abbia preso il nome, quando la dea, accortasi che un temerario pastore innamorato dei suoi lunghi e setosi cappelli aveva tentato di rubarne una ciocca, fu trasformato nella bella pianta del Capel Venere. Adiantum capillus-veneris è il suo nome botanico, dal greco adiantos, non bagnato, poiché le foglie anche immerse in acqua sono impermeabili.

Una felce gentile e amorosa che copre con foglioline effimere e sottili ma resistenti steli corvini le strade scavate dall’uomo alle pendici del vulcano Haleakala, la “casa del sole”, perché leggenda vuole che il semidio Maui legasse lì il sole per rallentarlo e allungare la giornata.

E la giornata sembra talmente allungata che percorrere la pericolosa Road to Hana entrando nel cuore dell’incantata foresta pluviale Hawaiana è come un viaggio nel tempo. Si ha l’impressione di tornare indietro milioni di anni, inebriati dal profumo di uno smeraldo lussureggiante, ricchissimo di fiori e frutti, nutriti dall’energia dell’Iwa’iwa, il capelvenere nativo hawaiano, che cresce nelle grotte, nei cuniculi di lava e tra le fessure lungo il ciglio delle strade.

Le felci sono eroi non celebrati del nostro paesaggio e sussurrano silenziosamente: "Vedi la nostra bellezza e come ci pieghiamo e fluiamo con il vento? Noi rendiamo la vita su questo pianeta molto migliore e più ricca. Il suolo è migliorato e i fragili semi degli alberi giganti sono protetti fino a quando non spuntano e mettono radici. Siamo come le levatrici della foresta. Portiamo gioia e ossigeno, non importa dove ci troviamo".


La delicata capelvenere è come la levatrice della foresta: un esempio di energia rigeneratrice che può accogliere ogni cambiamento. Gentilezza amorevole, presenza rassicurante, sembra alleggerirci da qualsiasi bagaglio emotivo. Come se cercasse di donarci un ascolto sopra ogni giudizio, una morbidezza che non vuole nulla in cambio, una forza instancabile che chiede solo di stare.

E lasciare andare. Perché solo facendo spazio, lasciando andare ciò che ci inquina possiamo diventare sviluppare un contesto ecologico, non più egoillogico.

Come afferma Daniel Lumera, lanciando il suo ultimo saggio, Ecologia della mente: "Sta diventando sempre più urgente prendere coscienza degli equilibri invisibili che interconnettono tutto il creato e rendono interdipendente ogni aspetto della vita. Galileo diceva: “Non puoi cogliere un fiore senza turbare una stella”. Dalla savana alle metropoli, la qualità dei pensieri e gli stati interiori sono correlati ai cambiamenti atmosferici. Non c’è separazione, se non nella nostra mente, tra ambiente esterno e interno, tra intimità del nostro sentire e grandi trasformazioni della natura".

Se vogliamo sopravvivere alle grandi trasformazioni climatiche del prossimo futuro, alle guerre e alla violenza dobbiamo comprenderne la radice interiore. È lì infatti che si generano gli agenti inquinanti responsabili dei maggiori squilibri del pianeta.

Comprendere la radice interiore delle grandi trasformazioni ci permette di scegliere: guerra o pace, distruzione o generazione. "Questa scelta contribuisce al destino di tutti. Se vogliamo ripulire il mondo iniziamo dal nostro cuore, attraverso una via pragmatica di ecologia interiore".


La radice che ho scorto sotto il limone nel mio angolo privilegiato mi ha anche oggi permesso di scegliere la gentilezza amorevole (sorrido con chi mi crede amorosa e tenerella, ma tengo a precisare che il capelvenere nel suo esser esile e delicato custodisce una forza in grado di spaccare anche colate laviche!). Orbene, osservando la mia dolcissima piantina ho percepito il mantra Ho’oponopono (“Mi dispiace, perdonami, grazie, ti amo"), denso di emozioni che affondano le radici in quel luogo fatato che è Maui. Ed è stato un tuffo in serendipity: come altro potrei, infatti, definire la successione di circostanze favorevoli che mi hanno portata a comprendere il potere dell'amorevole gentilezza?

Dal capelvenere, infatti, sono passata all'ecologia interiore. Ora dalle Hawaii passo al Tibet, con Lama Paljin Tulku Rinpoce. Un azzardo? Sorprendente! Eppure la connessione è venuta naturale: ho notato il giovane virgulto e scorso YouTube per camminare ignorando la pelosa al seguito (dicono – e confermo – rassereni entrambe le specie unite da un guinzaglio!). Il titolo del primo video era: C'è una cosa che può migliorare la nostra vita. Ora, 'Ho'oponopono significa "mettere le cose a posto" e può essere applicato in qualunque situazione o problema che si affronta nella vita, dalla salute, ai problemi di lavoro, finanziari, fino ai problemi di relazione e interpersonali, così ho pensato che il destino mi stesse offrendo su un video d'argento l'ennesima testimonianza del potere migliorativo di questa fantastica tecnica. Curiosamente, però, la foto del video ritraeva un monaco buddhista, fondatore e guida spirituale del Centro studi tibetani Mandala di Milano.


Dallo sciamanesimo al buddismo il passo è stato breve, intuendo che la promessa del titolo poteva esser mantenuta: c'è una cosa che può migliorare la nostra vita, la "pratica dell'amorevole gentilezza. Produrre questa energia rigeneratrice – assicura il venerando Lama - richiede un minimo sforzo, animato dal sentimento. I gesti d’amore illuminano la nostra mente e quella del prossimo e lasciano sempre un segno, tale da trasmutare anche l’atteggiamento del peggior nemico.

Il campo d’azione è infinito, confermato dalle neuroscienze e dalla fisica che vedono l'universo come un’unica realtà globale, fatta di uomini, animali, piante, fiori, montagne, cieli, tutti spontaneamente interconnessi. Tutti da porre al centro della nostra attenzione. E tutti bisognosi di cure.

L'amorevole gentilezza è una qualità dello spirito improntata all’ideale del bene, dove il bene è un’energia cosmica omnipervasiva. (...) Facciamola diventare la nostra migliore compagna di viaggio: quando amiamo ci sentiamo uniti senza bisogno di parole ed emaniamo una luce che tutti possono riconoscere. La chiara luce radiante di una mente serena, in sintonia con le vibrazioni del mondo”.


Questa descrizione risuona molto con lo spirito Ho'oponopono. Così mi permetto di allargare l’invito di Lama Paljin Tulku Rinpoce e salutarci con Namastè (“riconosco la luce che è in me e in te)" aggiungendo un minuscolo spunto in più: ogni mattina scopriamo una gemma di amorevole gentilezza, sorridendoci allo specchio mentre ci diciamo Aloha. Fa ridere? Meglio! Una via privilegiata per raggiungere il cuore di Aloha, che “esprime un’intensa relazione di premura, affetto e si espande con innocente calore e amore senza aspettarsi nulla in cambio. È l’essenza di ogni legame che si instaura con ogni essere vivente, indipendentemente da tutto. Aloha è percepire ciò che non si dice, vedere ciò che non si vede e sapere ciò che ci è sconosciuto".

A come “akahai” = consapevolezza, gentilezza L come “lokahi” = unità nell’armonia O come “‘oia’i’o” = sincerità H come “ha’aha’a” = umiltà A come “ahonui” = pazienza, perseveranza

Aloha, Namastè, diamo spazio al Capelvenere che è in te!

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