“Ecco il primo.
Ecco il secondo.
Ecco la terza”.
Vi aspettavo da una vita, l’ultimo mese immobile, temendo potessi perdervi alzandomi dal letto.
Avete tenuto duro fino alla 33ma settimana, sviluppando così quei piccoli polmoni che vi avrebbero permesso di respirare la vita.
Avete deciso voi quando rompere le acque.
Era una calda notte fonda.
Sei minuti in tutto per tirarvi fuori. Due minuti a testa.
Vi siete subito fatti sentire: aquile urlanti grandi come leprotti.
“Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio
dei primi fanti il 24 maggio”.
Ricordo fu uno dei primi pensieri. Seguito da: “No!!! Sono gemelli in gemelli!”
Ma si può lamentarsi del segno zodiacale dopo avervi cercati e desiderati e sognati e miracolosamente messi al mondo?
Ebbene sì, si può. Come anche si può trascorrere i successivi 15 anni credendo che prendersi cura di voi significasse nutrirvi e non farvi mancare nulla.
Fante infante, presa dal servizio di una simile armata ho cercato soluzioni e risposte dimenticando di pormi la vera domanda: come vi guardo? Come mi prendo cura di voi?
All'inizio era facile. Naturale. Pura gioia di tale abbondanza.
Eravate minuscoli, tanto da stare in una mano, scomparendo in un marsupio.
Siete stati tra i primi a sperimentare la KMC (kangaroo mother care) nel reparto prematuri di Mangiagalli. Cuore contro cuore, pelle contro pelle, per permettervi di sentire il battito, l’odore, la voce e favorire la stabilizzazione del calore e del ritmo cardiorespiratorio, oltre al benessere psico-affettivo. Più mio che vostro, forse, perché tenervi lì e respirare all’unisono con ciascuno di voi è stata una delle sensazioni più belle della mia vita.
Uno a uno. Con tatto, attenzione, dedizione. Sospesi in quella luce verdina, tra camici e mascherine...
Dopo un mese vi abbiamo portati a casa e ci siamo trasformati in caporali.
Caporali prematuri, oltre che di 3 prematuri. Pianificazione al potere, tra tate arruolate, piani di battaglia quotidiani, righe cadenzate su orari dei pasti e cambi dei pannolini, mini pigiamini e body comprati oltre oceano insieme a biberon che con una lunga cannuccia ci permettevano di nutrirvi in contemporanea. Per non parlare del passeggino a trenino che incantava tanto gli anziani da domandarci premurosi: “Tutti vostri? Ma sono nati tutti proprio lo stesso giorno?”
Sì, siete nati lo stesso giorno, i primi mesi eravate persino talmente simili da dovervi distinguere con un braccialettino di lana ma, credetemi, fin dentro la mia pancia dimostravate personalità molto ben distinte.
State crescendo insieme, ma ogni giorno di più svelate di essere tre gemme molto diverse.
Viola, “regina delle pietre” sei per me un rubino stellare, raro e bellissimo, che dona chiarezza, energia e vitalità.
Francesco, mio nobile e sensibile zaffiro, cavaliere di saggezza, simpatia, generosità.
Leonardo smeraldo, sei fonte di meraviglia, conoscenza, slancio spassionato.
Vi ho vissuti da primipara di tripletta prematura.
Vi ho curati (come in questa foto che facemmo per Vogue Bambino) guardando dritto l’obiettivo: farvi crescere, trasformandomi vieppiù in un acrobata bendata.
Non mi sono accorta che curarvi significava semplicemente esser responsabile di come vi guardavo.
Voi, invece, guardavate dritto me negli occhi, facendomi crescere.
Mi avete sempre insegnato molto, ciascuno a modo suo e ve ne sono grata.
“Siamo adulti e vaccinati”, è un modo di dire a cui non ripensavo da anni, ma che oggi echeggia insistente. Sono, siete, siamo adulti e vaccinati.
Stanotte io è innegabile lo sia: ho l’età e anche una bella dose di Johnson&Johnson appena ricevuta intramuscolo. Ma vedo anche voi, adulti e vaccinati.
Sono adulta e Vacinada, senza mai passare da largo Pro-vax o via No-vax, perché appena è stato il mio turno mi sono presentata, per due semplici motivi che mi avete stimolato: evitare di contagiarmi e di contagiare. Contagiare voi, che da più di un anno vi comportate più da adulti di tanti adulti anagrafici, evitando in tutti i modi di portare a casa il virus.
Evitare di contagiarmi, perché ho ancora troppa voglia di aria e di sentire il vostro respiro.
Evitare, soprattutto, di contagiarci tutti con inutili preoccupazioni, perché proprio voi - tre piccole pulci - quindici anni fa mi avete dimostrato il potere che abbiamo quando evitiamo di pre-occuparci.
Ho potuto mettervi al mondo quando ho scelto con la pancia, mi sono affidata e ho partecipato lasciandomi fluire anziché voler giudicare e controllare tutto.
Come tre semi vi ho cullati nel mio utero. E anche oltre.
Ma ormai sono adulta e vaccinata. E anche voi dimostrate di essere sulla buona strada.
È ora di guardarvi negli occhi, con la fiducia e l’ammirazione che sento, felice se mi vorrete vicina ma anche se mi riterrete ormai superflua.
Tanto se potrò ci sarò, sempre e comuque.
Amerò sempre le vostre unicità.
Ma l’importante è che le possiate amare voi, giacché...
“15 anni quasi 16 è una stupenda età, per te l'amore è quasi un dovere, non lo dimenticar”
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