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  • Immagine del redattoreMargherita Pogliani

Nutri-Menti

Di cosa mi nutro in questo momento?

Prediligo tuberi o radici che sorprendentemente mi chiamano all’assaggio: pastinache, radici di soncino, zenzero, sedano rapa, barbabietola, ravanelli, patate viola, carote bianche, topinambur…

Serbatoi naturali di minerali e antiossidanti.

Ingredienti che chiedono lavorazioni minimali o pressoché nulle, come avveniva agli albori della civiltà.

Perché questo excursus sulla mia dieta? Perché ho una fame feroce di contatto, di uscire, di aprire la bocca per sorridere e assaporare.

Ho fame di ideali, di idee, di meraviglie, di sensibilità, di arte, di autentica umanità.

Ho fame di nutri-menti. Cosa mi sazia? Cosa mi appaga? Cosa mi farebbe bene? Come posso mantenermi in salute in questo ennesimo lock-down?

Immagino siano domande comuni a molti, se non a tutti, le cui risposte assumono di questi tempi un valore più consistente, perché ci stiamo riappropriando della consapevolezza di bisogni primari. In primis l’esigenza di nutrirci di alleati, non nemici. Di sostanze salutari, non più nocive. Di energie persistenti, non immediate. Di alimenti protettivi, vari, semplici, primari.

In ogni contesto della nostra esistenza: dal fisico al mentale, dal relazionale all’emozionale.

Perché ogni nutrimento è vitale. Letteralmente, come il latte materno e le gocce di sentimenti.


Proprio questa settimana sto partecipando a una potentissima “sfida” con la MyLifeDesign di Daniel Lumera, che mi evidenzia l’importanza di nutrirsi e di nutrire.

“Le emozioni come i pensieri – scrive questo “Lume” delicato e gentile -, sono il cibo di cui ci nutriamo quotidianamente. Così come seguiamo una dieta per la salute fisica, ne abbiamo una emozionale e la scienza ci dimostra il profondo impatto sulla nostra vita a partire dal corpo: lo cambiano, lo guariscono o lo fanno ammalare, lo ringiovaniscono o lo fanno invecchiare”.

Con altre 20.000 persone sto esplorando come adottare una dieta emozionale consapevole, salutare e leggera affinché rigeneri e alleni la mia mente per affrontare ciò che la vita mi chiede e soprattutto per cogliere i senti-menti e costruire relazioni nutrienti.


Il mio precedente post lanciava l’invito a costruire insieme nuove dinamiche relazionali. Ecco, sento che osservarne gli ingredienti sia un buon filtro per decidere se aprire o meno la bocca.

Potenzialmente mi nutre quella relazione? Cosa mi trasmette? Ingredienti sani o nocivi come colpa, rabbia, tristezza, conflitto e altro difficilmente digeribile?

Perché ora più che mai possiamo scegliere, sapete? Ora abbiamo tempo e modo per fermarci prima di inghiottire la qualsiasi.

Ora dobbiamo chiederci: “Ci alimenta con energia vitale questa sostanza, questo pensiero, questa musica, questa interazione?” Se sì, fantastico. Alimentiamola a nostra volta. Ma se la risposta è no, o anche solo non so, lasciamola da parte.

Non è più tempo di fast food, diete esagerate o pasti pantagruelici. E’ tempo di assaporare la vita. Annusandola, percependola, sentendola, osservandola, sfiorandola. Soprattutto permettendoci di

riconoscere nell’altro da noi quel pizzico di dolcezza, sapidità, bitter, consistenza, che ci regala la meraviglia di un nuovo gusto, un nuovo sapore.


Innegabile: la pandemia mi ha spinta a terra. Ma proprio lì ho scoperto che potevo cercare, scavare, dissotterrare e assaporare ciò che l’occhio spesso calpesta, ma che l’anima anela: profondità. Li reclama il fisico e la mente: gli essenziali, macro e micro.

Da qualche mese nella dispensa dei macro custodisco ampie riserve di gratitudine, gentilezza, empatia, fiducia, amore.

Nella riserva dei micro assaporo l’incanto del sapore pieno, ricco, fresco, delicato, intrigante, colorato di preziose condivisioni, di stupefacenti connessioni, di fortuite coincidenze. Come il lampone selvatico, che esige solo di esser gustato. E di trasmettere tutte le sue proprietà riequilibranti, circolatorie, salutari, appaganti, persino ringiovanenti.


Siamo cibo per l’anima, non dimentichiamolo.

E possiamo scegliere come nutrirci e nutrire. Perché non basta il “di cosa? nutrirci, ma “come”. Una buona risposta me la suggeriscono i Battaglino, amici d’anima ma anche di gusti comuni e profondi, come la musica classica, la ricerca di valori ed eccellenze, la voglia di condividere la propria tavola. In ogni senso. Perché anche a distanza, vivo ancora le emozioni che mi hanno donato nel loro straordinario ristorante Battaglino di Bra: cibi fantastici ma soprattutto - letteralmente - cibi per la mente e per il cuore. Non sono, infatti, solo gli ingredienti di altissima qualità, presidi o unicum come i tartufi a rendere memorabile un pasto. E’ soprattutto la maestria della cura, dell’attenzione, del rispetto delle materie prime e delle ricette di tradizione. Serve cultura, passione, dedizione, coraggio, ricerca. Serve ospitalità nel senso originario del termine: opportunità di una relazione reciproche.

Questo - credo - sia uno degli alimenti più importanti del nostro oggi e del nostro domani, personale e professionale: saperci nutrire con consapevolezza, coltivare relazioni che ci arricchiscano, privilegiare ingredienti genuini, semplici, freschi o trattati con cura.

Non siamo dipendenti ma scegliamo liberamente il rosso o l'arancio rivitalizzante, e sfruttiamo questo “stare in conserva” per maturare, chiarendoci come e con cosa vogliamo nutrirci da oggi in poi. Letteralmente e metaforicamente.

Ah, dimenticavo: la mia dispensa è piena anche di semi. Tranquilli, non li mangio tutti! Alcuni li custodisco al buio e al caldo, perché so che con pazienza e gentilezza germoglieranno e coloreranno i prati di fiori ed erbe salutari.


Un grazie pieno di gusto a tutti coloro che volutamente o inconsapevolmente mi hanno, mi stanno e mi faranno dono di nutri-menti.

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