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  • Immagine del redattoreMargherita Pogliani

Non siamo conigli. Con curiosità, scopriamo gli artigli

Siamo usciti dalle nostre tane come conigli in primavera: non ricordavamo il profumo dei prati, l’ebrezza del vento che ci scompiglia, l’aria che inonda i polmoni. Siamo corsi in giro con meraviglia ed entusiasmo nel riscoprire questo nostro mondo, pensando che prima o poi tutto passa. Eppure, da perfetti conigli ogni salto era sospeso sulla vertigine della paura d’incontrare “l’altro”.

In fondo una dose di "coniglitudine" l’abbiamo sempre avuta, spesso abilmente camuffata dalla necessità di apparire, esserci, rincorrere obiettivi dettati dalle circostanze, reagire come avevamo appreso da piccoli. Così, eccoci qui: tanti teneri conigli che si immobilizzano alla minima critica, che fuggono davanti al sospetto di un pericolo, che non corrono rischi se non obbligati. Morbidi, dolci, affettuosi ma timorosi. In pochi sanno che i conigli hanno un’altra rilevante prerogativa: la curiosità. Lasciategli spazio e saltellando gireranno a scoprire il mondo che li circonda, con un coraggio inaudito.

Da dove deriva questo coraggio?

Dall’aver attraversato la paura: paura di uscire dalla tana confortevole, paura di non essere capace, di essere debole, di ritrovarsi solo, di essere respinto o – peggio – divorato.

Abbassando le orecchie, in fondo sono le nostre stessei paure quotidiane. Eppure, persino i conigli, spinti dalla curiosità, riescono ad attraversarle e spesso trovano vere meraviglie.

Da brava coniglietta ho vissuto finora la mia vita condizionata da una serie di paure, che abilmente nascondevo sotto un senso del dovere equivalente a un imperativo categorico e sotto una schiacciante assunzione di responsabilità, talmente onnipresente da sentirmi in colpa per chiunque. Tranne che per me. Perché io non volevo attraversare la paura di scoprirmi diversa da come mi ero costruita. Non volevo fermarmi, prendere un momento dedicato a me e assumermi la responsabilità di ciò che realmente volevo per me.

Il lockdown mi ha costretta a fermarmi, a prendere diversi momenti per e a capire la mia prima responsabilità sono io. Perché banalmente, se mi prendo cura di me, mi posso prendere cura degli altri, se mi sento viva e proattiva metto a frutto i miei talenti e tutto gira con un’energia diversa.

Già, i miei talenti… Li scoprii 8 anni fa, quando mi ritrovai nelle condizioni di reinventarmi.

Una cara amica coach mi consigliò Clifton StrengthsFinder di Gallup, un potentissimo tool che permette letteralmente di vivere al meglio la propria vita, sia privata che professionale.

Così in meno di mezz’ora, ho risposto alle 177 domande e ho scoperto (come più di alcune decine di milioni di persone prima di me) i miei 34 punti di forza. L’aspetto incredibile è che sono talenti unici: se ho lo stesso talento, nella stessa posizione, di un’altra persona, avremo una descrizione completamente diversa perché ogni feedback è personalizzato, sebbene elaborato da una macchina.

Pura intelligenza artificiale per massimizzare il potenziale umano. Questo incredibile algoritmo nasce 50 anni fa, nella testa di Donald Clifton, ricercatore Gallup, società americana specializzata nella ricerca socio-demografica mondiale, che si domandava come le persone raggiungessero il successo e l’eccellenza. Per rispondere a questa domanda, ha intervistato 300.000 uomini e donne di ogni ceto sociale, lavoro, razza e intenti per capire quali pensieri, comportamenti, emozioni li avevano condotti al successo a 360°, rilevando emozioni, connessione con gli altri, realizzazione, soddisfazione personale, ottimismo, pessimismo e altri parametri. Dopo 40 anni di studi e ricerca, Clifton ha riorganizzato questa quantità immensa di dati in 34 temi (o talenti) comportamentali, progettando un test di 177 domande il cui risultato indica i primi 5 talenti di ognuno di noi.

Questo test è diventato uno strumento formidabile per scoprire i propri punti di forza. Ma per attivare un reale miglioramento la tecnologia deve essere integrata con l’intenzione umana di trovare il modo in cui usare realmente i propri talenti, senza esserne schiavi.

Tra i miei talenti c’è la positività che, prima di assumermi la responsabilità di me stessa, interpretavo come cieco ottimismo; c’è l’empatia che non è solo ascolto e supporto ma capacità di sentire profondamente l’altro e accoglierlo, con le sue luci e le sue ombre. C’è il woo che è la gioia nel mettere in contatto persone e progetti per migliorarsi; c’è il futuristic, che non significa solo ideare idee ispirate al futuro volando altissimo, ma anche calarle a terra con il realismo del mio ultimo top talent: Developer.

Perché racconto tutto ciò?

Primo perché penso che il test di Gallup dia una consapevolezza rara e profonda, che ci autorizza a investire sui nostri talenti senza inseguire comportamenti attesi da altri. Secondo perché “mai quanto in questo periodo di cambiamento, in cui secondo le ultime statistiche circa il 50% delle persone rischia di dover scegliere una nuova traiettoria professionale, è importante massimizzare la propria capacità di prendere decisioni, e di "spalmare" il proprio talento in più ambiti di attività”, rendendolo liquido.

Terzo, ma non meno importante, perché penso che per prepararsi al cambiamento, pianificare la propria strada, vincere le paure, credere in se stessi e focalizzarsi sull'obiettivo, serva in primis la curiosità di scoprire chi siamo realmente, aprendo con coraggio cuore e mente.

La curiosità di uscire dalla tana, di scoprire come potevo migliorare questo mio piccolo mondo, come essere più efficace e come attraversare le paure e le credenze limitanti, mi ha messa in azione e mi sta insegnando a trattare i miei talenti come strumenti e non come reggenti.

Infine, ammetto: amo Peter Rabbit, che con curiosità esce e scopre nuovi mondi, con il coraggio di andare oltre. In fondo, come disse la Regina Bianca ad Alice nel Paese delle Meraviglie:

“La scelta è solo tua, non si vive per accontentare gli altri”
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