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Immagine del redattoreMargherita Pogliani

Un'Ora in più


Bartolomeo Giuliano, Danza delle Fate (o delle Ore)

(Bartolomeo Giuliano, Gallerie d’Italia)


L’ultima domenica di ottobre è per me uno dei giorni più belli dell’anno, perché ci regala un’ora in più.

Un’ora in più per dormire, per gioire, per amare. Perché un’ora in più non si può sprecare: la si deve investire in qualcosa che ci faccia stare bene. Altrimenti sarebbe un’ora uguale a tutte le altre: impegnata in una corsa contro il tempo.

Un’ora in più ha il profumo dell’alba con il sole che gioca a nascondino con la foschia dell’orizzonte.

Un’ora in più ha il gusto del proibito da godere con passione, è rosso fuoco non come segnale di stop ma come cuore pulsante di una vita che sembrava talmente ripetuta e corretta, ripetuta e corretta, ripetuta e corretta da non lasciar spazio all’immaginazione.

Un’ora in più è l’ora beata delle fate dove tutto sembra possibile perché sospeso in quello spazio incantato cui quasi non ci sembra degni di intuirne il fiato.

 

Un’ora in più è Regina di un tempo sovrano. È la reggente della triplice alleanza di lance e lancette che si illudono di scandire passato, presente, futuro. Quale dannata illusione rimpiangere il passato, preoccuparci per il futuro e accettare il presente per quel che è, senza renderci conto che basterebbe un’ora in più per trasformarlo in un presente.

Scorrono i secoli come i secondi e noi ci danniamo a trovarne il senso.

Non credo più possibile dare e darci un senso, ma sento prezioso riconoscere il potere dei sensi, con sensibilità, oltre che gentilezza e gratitudine e ciò che vorrete aggiungere.

Sensibilità per accogliere una semplice e impalpabile ora in più. Uno schiudersi di serendipità che chissà cosa porterà. Uno spazio-tempo per guardare in più direzioni: sopra, sotto, affianco, oltre.


Dicono sia legale, quest'ora in più. Per me è, all’opposto, indica il superamento del proibizionismo imperante nelle nostre vite: “Non c’è tempo…”, “Smettila di perdere tempo…”, “Dammi ancora un attimo…”.

Oggi abbiamo diritto a un’ora in più! Quanto daremmo per averla in certi momenti? Forse tutto ciò che ci illudiamo di possedere... Allora cosa aspettare? Iniziamo a riconoscerla in tutta la sua potenza e potenzialità! Assaporiamone ogni barlume come un attimo di regalità che ci appartiene per natura.

Siamo padroni di quell’ora, come in fondo di ogni nostro tempo.

Omaggiamola come si farebbe a un’orfana.

Rispettiamola come se ci trovassimo al cospetto di una sovrana.

 

Quest’ora in più vola sull’ali dorate di cambiamenti che vanno oltre il sopravvivere.

È oro colato sulle ferite del passato e, come un sacro kintsugi, ci rammenta (e rammenda) la forza della nostra fragilità davanti alla domanda: “Ho un’ora in più, cosa ne faccio”?

Io, per esempio, scrivo, realizzando quanto mi nutra mettere nero su bianco le sfumature che mi attraversano. Scrivere lenisce le mie cicatrici perché me ne prendo cura, le osservo, le riparo con esili fili di parole. E ricoprendo d’oro i miei pensieri ammetto che solo quando mi rompo, scopro di cosa sono fatta. Ecco, quest’ora in più, oggi, mi ricorda l’arte dell’imperfezione, la forza della fragilità che unendo i pezzi svela una nuova forma di bellezza, più armonica, sicuramente più matura, incredibilmente unica.

Così sguazzo in quest’ora “offerta”, riconoscente dell’opportunità di ricordare che abbiamo qualcosa in più rispetto a quanto crediamo: sotto sotto abbiamo un’anima da accudire e corteggiare affinché ci si possa trasformare da Cappellaio Matto, sempre in ritardo, ad Alice nel paese delle meraviglie, alla scoperta di qualcosa che va ben al di là della nostra immaginazione.

Celebriamo quest'ora in più per definirne il ritmo di un nuovo vivere. Per vivere come fossimo noi le Ore…


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