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  • Immagine del redattoreMargherita Pogliani

Regole in danza

Passo dopo passo. Nel nostro lavoro bisogna essere sempre "nuovi" e pronti a rimettersi in discussione. Eh sì. La vita è difficile, si fa tanta fatica e per affrontarla ognuno di noi deve trovare la propria speranza (Carla Fracci)

Un esempio la sua danza nella vita, come la naturalezza con cui volteggiava tra regole e disciplina.

Una speranza, la sua, intrisa di fatica, ma in cui mi sembravano coesistere libertà ed entusiasmo.

Il movimento di quelle braccia candide che accarezzavano l’aria mi ha ammaliata a soli 5 anni. Lei era già sulla cresta dell’onda, per me fu un colpo di fulmine. Puro incanto in mezzo alla laguna con una piazza San Marco persa nella nebbia della memoria. Sono risalita a una data: 2 luglio 1975, nel ciclo degli Incontri Internazionali di Danza a Venezia.

Ricordo la gentilezza in ogni singolo movimento. La magia e la precisione di ogni passo. Non era sola. Era un poker d’assi che illuminava la scena con pura leggerezza: Fracci, Kirkland, Bortoluzzi e Baryshnikov. Che balletto straordinario deve essere stato… Peccato mi riemergano solo note isolate, angeli in volo, tutù che sembravano di zucchero filato.

Da allora ho sognato di diventare ballerina ma non ne avevo le caratteristiche. O forse semplicemente la voglia, perché intuivo il rigore e la disciplina necessari per farlo seriamente.

Ho, quindi, spostato il sogno sulla mia bimba, iscrivendola fin dai 3 anni a corsi propedeutici alla danza classica. Viola è sempre stata una delizia sensibile e fin troppo responsabile, così il giorno del saggio di fine anno disse che stava male ma volle salire ugualmente su quel piccolo palco per fare la sua parte e non deludere chi era venuto ad applaudirla. Volteggiò come un cucciolo di fata, poi si accasciò. Aveva 40 di febbre e io il rimorso di averla lasciata ballare pensando allo spettacolo e non alla realtà.


“Ben vengano le regole, in tempo di coronavirus, anche per la danza – commentò la Divina in una recente intervista. (…) Ma servono sensibilità e competenze fortissime. La danza non è solo uso quotidiano del corpo. Va al di là. È un moto dell’anima. Complicatissimo confinarlo all’interno di rigorosi precetti”.

Regole, educazione, obbedienza, ordine, rispetto, rigore, sacrificio sono le parole chiave che ho spesso associato alla danza. Comprendendo nel ballo l'intero cliclo di una vita.

Ho sempre amato gli strappi alla regola, perché mi tenevo in precario equilibrio per aver le carte in regola dandomi continue regolate! Ammetto: mi viene difficile imporre regole e rispettare regole finché non ne capisco il senso e l’importanza. Perché per indole trovo complicatissimo confinarmi all’interno di rigorosi precetti. Ma rispetto le regole, quando le sento necessarie.


“Siamo convinti che le regole siano state inventate per limitare la nostra libertà, ma anche per giocare servono le regole”, scrive Gherardo Colombo come incipit del suo illuminante saggio Anche per giocare servono le regole, specificando in un altro passaggio: “Alla libertà non ci arrivi insegnando a obbedire, ma insegnando a essere capaci di distinguere e di decidere autonomamente, a non aver bisogno di qualcuno che ti dice cosa devi fare”. Il passaggio dall’obbedienza alla capacità di distinguere e di decidere autonomamente, lo trovo imprescindibile per dare un senso alla nostra vita e crescere con i nostri figli, affiancandoli come levatrici per tirar fuori il pensiero critico, per impegnarsi a non smettere mai di imparare, per riconoscere le emozioni e sentirsi liberi di esprimersi.

Ben inteso: non misconosco l’importanza del rispetto di regole, soprattutto nella relazione genitori-figli, ma mi domando come condividere con le nuove generazioni l’importanza del rispetto delle regole soprattutto per non cadere del tranello della prevaricazione da parte di chi urla più forte. Ascoltando la stessa musica, mi viene da rispondere. Mettendo in luce le possibili conseguenze e dando l'esempio, per lasciare l'altro libero di scegliere come rispettare la regola.


Temo l'obbligo imposto, compreso quello della buona creanza per educazione e quieto vivere. Nella vita tutto torna e spesso la giustizia interviene per altre vie, ma capita di rovinarsi anni interi camminando sulle uova perché ci si sente giudicati e minacciati da chi magari sta perpetrando ben altri crimini.

Taciamo e chiniamo la testa fin troppo spesso. Guardiamo in faccia la realtà e denunciamola se serve. È molto più faticoso motivare un no che inghiottirlo. “Un no, perché abbia peso e valore, - mi soccorre nuovamente il giurista saggista - deve essere spiegato, non può essere solo imposto. Un no, come una regola, richiede coerenza, componente essenziale dell’autorevolezza.” Coerenza che richiede a sua volta consapevolezza e responsabilità di come guardo e agisco. Un no, deduco, deve quindi essere anche sentito e metabolizzato, senza bisogno di combattere per averne il controllo.

In fondo, come sottolineava Susan David: “È sufficiente dire che la nostra cultura esalta le virtù della padronanza. È incorporato nel nostro stesso linguaggio, nei modi di dire che usiamo ogni giorno.

Dopo tutto, chi non vorrebbe avere il controllo?

Questa narrativa di padronanza e controllo è stata generalizzata per includere i nostri pensieri e sentimenti. Ma non possiamo controllare tutto, in particolare le nostre riflessioni ed emozioni: tentarci è come prepararsi al fallimento e all'ansia.

Quindi non perdiamo tempo a menarcela sulle emozioni. I sentimenti non sono né buoni né cattivi. Esistono, semplicemente. Non cerchiamo di tenerli sotto controllo. Piuttosto, identifichiamoli e prendiamoli in considerazione”.

Eccola l’eccezione che conferma la regola: riconoscere i nostri sentimenti e scegliere cosa farne, per piacere, piuttosto che per dovere.


Poi potrai rimettere le ali non più nubecola celeste ma terrestre e non è detto che il cielo se ne accorga. Basta che uno stupisca che il tuo fiore si rincarna a meraviglia. Non è di tutti i giorni in questi nivei défilés di morte

Perché io mi sentirei in regola se alla fine potessi ammettere, come la Fracci: “Sono stata fortunata, ma la fortuna me la sono fatta anche da sola”.

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